Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese
Ricorre oggi la Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese, indetta
dall’Onu. Nell’occasione, ogni anno alle Nazioni Unite di New York si riunisce il
Comitato sull’esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese con la partecipazione
del segretario generale, di altri organismi Onu e di organizzazioni non governative
e associazioni palestinesi. In Italia, Pax Christi tiene oggi a Firenze il convegno
“Terra Santa, Terra ferita - dalla memoria alla profezia” e presenta la campagna “Ponti
e non muri 2008-2009”, per sensibilizzare al dramma e alla sofferenza delle popolazioni
locali. Sulla situazione nei Territori palestinesi, GiadaAquilino ha
intervistato Piergiorgio Rosetti, dell’associazione Humanity Together, che
opera soprattutto a sostegno delle popolazioni a sud di Hebron:
R. – La
situazione è drammatica, in particolare nell’area da cui traggo la mia esperienza
che è una delle aree più povere della Cisgiordania, nelle colline a sud di Hebron,
dove la popolazione vive ancora nelle grotte, si sostiene con la pastorizia e la piccola
agricoltura, usando tecniche tradizionali. Sono in povertà perché l’occupazione israeliana
non porta l’elettricità, non porta l’acqua, non porta i servizi alle persone come
vorrebbe il diritto internazionale. In più, la violenza di alcuni coloni estremisti
nell’area, danneggia ulteriormente la popolazione locale. Dico questo, facendo notare
che la popolazione dell’area – parliamo di 1200 persone – ha scelto da tempo la non
violenza, quindi non reagisce con violenza alla situazione in cui si trova.
D.
– E la situazione nei campi profughi palestinesi, in Cisgiordania, e nella Striscia
di Gaza e nei Paesi Arabi, qual è?
R. – Per quanto
riguarda la situazione dei profughi, pur essendoci l’agenzia delle Nazioni Unite che
pone risorse per i profughi da quando ci sono - dal 1948 - tuttavia, dobbiamo tenere
conto che la gran parte di loro non ha la possibilità, non solo di tornare a casa
ma non ha la possibilità di crearsi un’esistenza autonoma, indipendente. In più, per
quanto riguarda i campi profughi all’interno dei territori occupati – quindi la Cisgiordania
e la Striscia di Gaza – la situazione è ancora più drammatica perché, per quanto riguarda
i territori palestinesi, sono isolati dal mondo. Questo vale in particolare per Gaza
che, ricordo, è chiusa al mondo esterno da troppo tempo e questo va a penalizzare
la vita quotidiana, i livelli di sostentamento delle persone, mettendoli in una situazione
di dipendenza dagli aiuti umanitari esterni, evitando la possibilità di sviluppo economico
locale basato sulle risorse locali perché comunque non hanno la libertà, non solo
di spostarsi all’interno di queste grandi prigioni a cielo aperto, ma neanche di comunicare
con l’esterno, di esportare prodotti.
D. – Ormai
da settimane, è in corso il blocco dei varchi nonostante le pressioni del segretario
generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha chiesto di consentire il passaggio degli aiuti
umanitari necessari ad una popolazione ormai arrivata allo stremo. Ma che pericoli
ci sono?
R. – I pericoli sono solo i danni che si
creano alla popolazione per cui non si hanno i beni di prima necessità, non si ha
la quantità necessaria di petrolio per avere un adeguato rifornimento di energia alla
popolazione, quindi non solo per far andare gli ospedali, diciamo così, ma anche soprattutto
nella vita quotidiana delle persone, quindi poter utilizzare un frigorifero o altri
beni di prima necessità, è praticamente impossibile. L’auspicio è che si pensi prioritariamente
all’esigenza delle persone - questo vale sia per i palestinesi che vivono una situazione
di povertà e vale anche per gli israeliani - ai diritti umani delle persone, ai loro
diritti fondamentali.