2008-11-29 15:36:59

Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese


Ricorre oggi la Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese, indetta dall’Onu. Nell’occasione, ogni anno alle Nazioni Unite di New York si riunisce il Comitato sull’esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese con la partecipazione del segretario generale, di altri organismi Onu e di organizzazioni non governative e associazioni palestinesi. In Italia, Pax Christi tiene oggi a Firenze il convegno “Terra Santa, Terra ferita - dalla memoria alla profezia” e presenta la campagna “Ponti e non muri 2008-2009”, per sensibilizzare al dramma e alla sofferenza delle popolazioni locali. Sulla situazione nei Territori palestinesi, Giada Aquilino ha intervistato Piergiorgio Rosetti, dell’associazione Humanity Together, che opera soprattutto a sostegno delle popolazioni a sud di Hebron:RealAudioMP3

R. – La situazione è drammatica, in particolare nell’area da cui traggo la mia esperienza che è una delle aree più povere della Cisgiordania, nelle colline a sud di Hebron, dove la popolazione vive ancora nelle grotte, si sostiene con la pastorizia e la piccola agricoltura, usando tecniche tradizionali. Sono in povertà perché l’occupazione israeliana non porta l’elettricità, non porta l’acqua, non porta i servizi alle persone come vorrebbe il diritto internazionale. In più, la violenza di alcuni coloni estremisti nell’area, danneggia ulteriormente la popolazione locale. Dico questo, facendo notare che la popolazione dell’area – parliamo di 1200 persone – ha scelto da tempo la non violenza, quindi non reagisce con violenza alla situazione in cui si trova.

 
D. – E la situazione nei campi profughi palestinesi, in Cisgiordania, e nella Striscia di Gaza e nei Paesi Arabi, qual è?

 
R. – Per quanto riguarda la situazione dei profughi, pur essendoci l’agenzia delle Nazioni Unite che pone risorse per i profughi da quando ci sono - dal 1948 - tuttavia, dobbiamo tenere conto che la gran parte di loro non ha la possibilità, non solo di tornare a casa ma non ha la possibilità di crearsi un’esistenza autonoma, indipendente. In più, per quanto riguarda i campi profughi all’interno dei territori occupati – quindi la Cisgiordania e la Striscia di Gaza – la situazione è ancora più drammatica perché, per quanto riguarda i territori palestinesi, sono isolati dal mondo. Questo vale in particolare per Gaza che, ricordo, è chiusa al mondo esterno da troppo tempo e questo va a penalizzare la vita quotidiana, i livelli di sostentamento delle persone, mettendoli in una situazione di dipendenza dagli aiuti umanitari esterni, evitando la possibilità di sviluppo economico locale basato sulle risorse locali perché comunque non hanno la libertà, non solo di spostarsi all’interno di queste grandi prigioni a cielo aperto, ma neanche di comunicare con l’esterno, di esportare prodotti.

 
D. – Ormai da settimane, è in corso il blocco dei varchi nonostante le pressioni del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha chiesto di consentire il passaggio degli aiuti umanitari necessari ad una popolazione ormai arrivata allo stremo. Ma che pericoli ci sono?

 
R. – I pericoli sono solo i danni che si creano alla popolazione per cui non si hanno i beni di prima necessità, non si ha la quantità necessaria di petrolio per avere un adeguato rifornimento di energia alla popolazione, quindi non solo per far andare gli ospedali, diciamo così, ma anche soprattutto nella vita quotidiana delle persone, quindi poter utilizzare un frigorifero o altri beni di prima necessità, è praticamente impossibile. L’auspicio è che si pensi prioritariamente all’esigenza delle persone - questo vale sia per i palestinesi che vivono una situazione di povertà e vale anche per gli israeliani - ai diritti umani delle persone, ai loro diritti fondamentali.







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