2008-11-28 11:42:41

Marcello Pera: Benedetto XVI può aiutare il liberalismo a riscoprire le sue radici cristiane


E’ in libreria da questa settimana il volume del filosofo Marcello Pera “Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’Europa, l’etica”, edito da Mondadori. Il saggio riporta una lettera di Benedetto XVI all’autore, nella quale il Papa sottolinea che l’essenza del liberalismo è radicata nell’immagine cristiana di Dio. Fin dal titolo, l’opera dell’ex presidente del Senato italiano richiama alla mente l’affermazione “Perché non possiamo non dirci cristiani” di un altro grande pensatore liberale, Benedetto Croce. Da qui, muove la riflessione di Marcello Pera, intervistato da Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

R. - Croce considerava il cristianesimo come una fase, un momento, un periodo della storia dello spirito assoluto, nel quale il cristianesimo - appunto - giocava un ruolo sì fondamentale, ma che avrebbe potuto essere superato. Anzi, per Croce doveva essere superato da un altro tipo di religione: quella che lui chiamava “la religione della libertà”. Io credo che invece ci sia un nesso più stretto, concettuale, tra liberalismo e cristianesimo. Il liberalismo si fonda su concetti - il primo dei quali è la libertà dell’individuo, la dignità della persona - che sono concetti tipicamente cristiani. Quindi, il rapporto è un rapporto di congenerità.
 
D. - Ma perché oggi il liberalismo è diventato anticristiano, e quali possono essere le conseguenze di questo distacco dalla sua matrice religiosa, e cristiana in particolare?
 
R. - Per quanto riguarda l’Europa, in particolare, c’è una spiegazione storica. Molti liberali si sono trovati spesso in conflitto con la Chiesa cattolica, ed è un fatto amaro della storia dell’Europa che non si verifica nella storia dell’America. Alcuni Stati nazionali - l’Italia, la Francia - si sono costituiti proprio come Stati-nazione con una lotta, con una disputa nei confronti della Chiesa cattolica. Questo ha generato quello che è noto come il fenomeno dell’anticlericalismo, e l’anticlericalismo ne ha generato un altro: quello che chiamo nel libro “l’equazione laica”, cioè liberale = non cristiano. Questo è un errore, perché si può discutere storicamente i meriti e i demeriti della Chiesa cattolica in Europa nei momenti della fondazione degli Stati nazionali, ma non si può discutere l’importanza del messaggio cristiano. Oggi, questa cosa la vediamo bene, perché se facciamo questa seconda scelta, cioè se dall’anticlericalismo passiamo all’anticristianesimo - quella che chiamo l’apostasia del cristianesimo - noi perdiamo le stesse qualità, le stesse virtù, gli stessi fondamenti di quelle libertà e di quei diritti su cui si fondano i nostri Stati liberali.
 
D. - L’Europa ha un ruolo centrale nel suo saggio: un’Europa che - lei sostiene - pensando di diventare più aperta e inclusiva ha smarrito la sua identità, le sue radici. Anche qui trova un terreno comune con Benedetto XVI, ma in fondo anche con Giovanni Paolo II…
 
R. - Sì, esattamente: tutti ricordano che Giovanni Paolo II aveva tante volte insistito, parlato, predicato, scritto, sulle radici cristiane d’Europa. E anche questa è storia che non può essere dimenticata. E’ importante questo richiamo, perché la tradizione cristiana - che è quella che ha tenuto a battesimo l’Europa dalla crisi dell’Impero romano fino ad oggi - è ciò che dà l’identità dell’uomo europeo e che gli ha dato tutte le caratteristiche, tutte le virtù… E’ una storia naturalmente tribolata, è una storia anche di conflitti. Ma l’atto battesimale, quello che ha fornito identità, quello che può distinguere l’uomo europeo dagli altri, è questa sua accettazione - e poi trasformazione in un messaggio civile - del Vangelo.
 
D. - Quanto, secondo lei, un Papa come Benedetto XVI può aiutare l’Europa a ritrovare se stessa e il liberalismo a tornare alle sue origini?
 
R. - Io credo moltissimo. Credo che la cifra del suo Pontificato si stia caratterizzando proprio in questo: è una sfida che lui lancia ai non credenti, ai laici, sul loro stesso terreno, e li invita non a convertirsi: li invita a trovare un terreno comune sulle comuni libertà, sui comuni diritti dell’umanità. Non a caso, questo è il Papa del dialogo interculturale, cioè di quel dialogo che deve mettere a fuoco quali sono i fondamentali diritti dell’Uomo che devono essere accettati da tutti. La storia ha messo sulle spalle di Benedetto XVI un grande compito, in particolare in Europa. Il successo che sta avendo non soltanto in alcune parti della “intelligentia” laica, ma anche presso tantissima parte dell’opinione pubblica, dimostra che questo Papa è fortemente sintonizzato sui nostri tempi e che ha un grandissimo compito.







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