2008-11-27 15:44:09

Il vescovo di Lubango: la guerra in Congo, questione mondiale


Resta preoccupante la situazione nel nord della Repubblica Democratica del Congo. Sembrano ripresi, anche se sporadici, i combattimenti, dopo che il governo ha seccamente respinto due giorni fa la proposta dell'Onu di avviare negoziati diretti con i ribelli, che ormai controllano gran parte del nord est del Paese. Il mediatore dell'Onu, l'ex presidente nigeriano Obasanjo, aveva incontrato nei giorni scorsi il leader dei ribelli congolesi, generale Nkunda. Il rischio è che ora riesplodano gli scontri militari, che hanno già causato molte centinaia di morti, ed oltre un milione di profughi in condizioni disperate. Proprio della drammatica situazione dei profughi al confine con l’Angola parla l’arcivescovo di Lubango, mons. Gabriel Mbilingi, nell’intervista di Linda Bordoni:
R. - Prima, quando noi eravamo in guerra, abbiamo avuto dei profughi angolani, nel Congo, mentre adesso accade il contrario. Le frontiere non hanno ancora una sicurezza tale per poter dire che non si può passare da una parte all’altra. Dall’altro alto, non possiamo neanche chiudere le frontiere quando c’è una situazione umanitaria che ci chiede una risposta, un aiuto puntuale. Inoltre siamo preoccupati, perché i nostri confratelli vescovi del Congo ci hanno inviato un messaggio chiedendo aiuto, sia alla Conferenza episcopale dell’Angola sia anche al governo del nostro Paese, affinché si possa sollecitare l'attenzione non soltanto della comunità internazionale ma anche degli angolani stessi, che pure hanno vissuto un’esperienza difficile ed hanno trovato rifugio proprio nei Paesi confinanti.
 
D. - C’è un appello che vuole fare alla comunità internazionale?
 
R. - Le guerre, in questo mondo globalizzato, non possono essere viste come questioni di un Paese o di una regione. No, la pace è una questione mondiale; la stabilità è anche quella una questione mondiale, la vita stessa è una questione mondiale. Per cui, io mi rallegro anche per la presenza dell’Onu che ha deciso di rafforzare i gruppi dei soldati che si trovano in Congo. Tuttavia, vorrei anche che la questione fosse vista in un contesto un po’ più globale, perché quella regione soffre da tanti anni e non è possibile continuare così. Certamente ci sono delle politiche - forse con delle motivazioni di tipo economiche - alle quali bisogna porre uno stop, perché tutto quello che facciamo oggi per salvare il Congo, anche se si trattasse di una sola persona, è un bene per tutta l’umanità.







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