Ad un anno dalla pubblicazione dell’Enciclica “Spe salvi”, la riflessione del vescovo
Luigi Negri sulla speranza cristiana
Un anno fa, il 30 novembre del 2007, la pubblicazione della “Spe Salvi”, seconda Enciclica
di Benedetto XVI. Nel documento magisteriale, il Pontefice si sofferma sulla vera
natura della speranza cristiana. Una speranza alimentata dalla fede nel Dio amore
e che, proprio in ragione di questa origine, non è mai individualistica, ma sempre
aperta al prossimo. Il servizio di Alessandro Gisotti: Spe
salvi facti sumus, “Nella Speranza siamo stati salvati”: Benedetto XVI prende spunto
da un passo della Lettera di San Paolo ai Romani per sviluppare la sua riflessione
sulla fisionomia della speranza cristiana. E sottolinea innanzitutto la sua stretta
connessione con la fede. La speranza, spiega il Papa, è un dono capace di cambiare
la vita di chi lo riceve. Ma in che cosa, dunque, consiste questa speranza? Ecco come
Benedetto XVI ne delinea il tratto fondamentale nell’Angelus del 2 dicembre del 2007:
“Consiste
in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e
misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato
il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza
incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida
a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine”. Una
speranza “affidabile”, dunque, di cui l’uomo ha bisogno anche in un tempo segnato
da un tumultuoso sviluppo tecnologico:
“Lo sviluppo
della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata
e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo
e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza”.
La scienza, riconosce il Santo Padre, “contribuisce molto al bene
dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla”. L’uomo, avverte, “viene
redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale”:
“Per
questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio
che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà
alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo!” La
Speranza del cristiano, dunque, è in definitiva una Persona. Il Papa lo ribadisce
ai Vespri di fine anno, il 31 dicembre 2007:
“È
Cristo la nostra speranza 'affidabile' ... Ma la nostra speranza è sempre essenzialmente
anche speranza per gli altri, e soltanto così essa è veramente speranza anche per
ciascuno di noi”.
Per una
riflessione sulla speranza cristiana e sul messaggio fondamentale consegnato dal Papa
ai fedeli con l’Enciclica “Spe salvi”, Alessandro Gisotti ha intervistato mons.
Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro:
R.
– La fisionomia fondamentale della speranza cristiana è la presenza di Cristo, cioè
la vera speranza dell’uomo e del mondo. E’ una presenza obiettiva, concreta, storica,
carnale. La speranza cristiana non ha nulla di quella astrazione e lontananza che
ha caratterizzato ciclicamente le false forme di speranza su cui il Papa appunta alcune
critiche sostanziali in una parte della Spe Salvi. La speranza cristiana è un evento,
cui siamo chiamati a partecipare e vi partecipiamo vivamente. E’ un annuncio di straordinaria
importanza, vorrei dire di straordinaria concretezza. In un mondo flagellato dal male,
dalle ingiustizie e da situazioni incredibili di violenza, di disperazione, il Papa
ha posto la speranza come un evento cui l’umanità di oggi, se vuole, può partecipare
accogliendo nella fede la presenza di Cristo.
D.
– Ecco, lei faceva proprio cenno alle sofferenze che segnano la vita di così tanti
uomini, pensiamo proprio - per guardare alla strettissima attualità - agli attentati
in India, ma poi alla crisi economica, ai cataclismi naturali: l’uomo è portato –
è sempre stato così – a chiedersi dove sia Dio in queste situazioni. In che cosa sperare,
dunque, cosa dice un pastore ai suoi fedeli al riguardo?
R.
– Il Papa dice, e noi diciamo, che la verità, la bellezza, la giustizia esistono già
nel mondo e tutto ciò è legato alla presenza di Cristo. Certo, è un legame, quello
della fede con il Signore, che cambia la nostra vita e ci fa partecipare progressivamente
della sua novità. E’ una certezza che nella fede incontra il male del mondo, incontra
innanzitutto il male come una teoria sbagliata sull’uomo, e quindi una teoria sbagliata
sui suoi ideali. Ecco, allora, che la speranza cristiana si è incontrata nella storia
con una serie di speranze umane o mondane, che non solo non hanno dato una immagine
adeguata dell’uomo, ma hanno realizzato un progressivo annichilimento dell’uomo. Ecco,
noi dobbiamo avere la forza e il coraggio di rimettere al centro con tutta la sua
inizialità, ma anche con tutta la sua definitività, questa novità, affidandola al
cuore di Dio, affidandola alla libertà degli uomini, perché attraverso questa testimonianza
si formi come un fattore controcorrente: un piccolo rivolo di una corrente di vita
nuova e diversa che è già presente e che se Dio vuole potrà fermentare in modo positivo
la vita della società in questo momento.