Il dialogo con l'islam al centro della plenaria dei vescovi del Nord Africa
Il dialogo con i musulmani e l’impegno nelle diverse realtà sociali fra gli argomenti
che in questi giorni la Conferenza episcopale del Nord Africa sta discutendo a Tangeri,
in Marocco. Fino a venerdì i presuli del Maghreb si confronteranno su temi come giustizia,
pace e riconciliazione, per prepararsi anche al Sinodo africano previsto nell’autunno
del prossimo anno, ma rifletteranno anche sull’anno paolino e sui problemi dei migranti.
Al microfono di Tiziana Campisi ne parla il presidente della Conferenza episcopale
mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat:
R. – Abbiamo
parlato della situazione economico-politica della vita della nostra Chiesa: ogni Paese
ha il proprio regime politico. Questi Paesi sono musulmani e le comunità cristiane
sono molto piccole e composte unicamente da stranieri; però c’è sempre il dialogo
tra cristiani e musulmani. La nostra preoccupazione è vivere la nostra fede e testimoniarla
con la nostra vita e come poter aiutare i cristiani a vivere questa testimonianza
in Paesi musulmani.
D. – Quali proposte sono emerse
in questi giorni, a proposito della presenza dei cristiani nel Nord Africa e circa
i rapporti con i musulmani?
R. – Accogliere i musulmani,
vivere con loro le nostre differenze. Lavoriamo insieme per la giustizia, per l’amore,
per la riconciliazione, per la vita, per l’educazione e per lo sviluppo. In Marocco,
per esempio, c’è libertà di culto ma non c’è la libertà religiosa e di coscienza per
gli abitanti del Paese. In questi Stati, inoltre, non ci sono molte chiese. Abbiamo
dunque rapporti diversi con i diversi Paesi. La nostra comunità cristiana è composta
poi da stranieri più anziani, alcuni sposati con musulmani, studenti che vengono dall’Africa
nera, tanti emigranti che vengono dall’Africa nera, ci sono anche europei che vengono
per due o tre anni per lavorare. E’ una comunità, quindi, molto mobile, con persone
di tante nazionalità. Ecco perché c’è la necessità di formarla, adeguandola però alla
realtà dei diversi Paesi, ma anche di far sì che continui ad essere comunità intorno
a Gesù Cristo. E il nostro impegno pastorale è pure quello di aiutare tutti i cristiani
a vivere il rapporto con l’islam come un rapporto fondato sulla stima.
D.
– Quali progetti ha la Chiesa del Nord Africa?
R.
– Il nostro progetto pastorale è vivere insieme con il mondo musulmano, a livello
umano, in amicizia. Il battesimo, la catechesi li facciamo con il piccolo gruppo di
cristiani. La cosa più importante, in realtà, è vivere con i musulmani in fiducia:
è necessario istituire una collaborazione e quindi amicizia. Quando avremo fatto amicizia,
poi Dio ci aiuterà a compiere il resto del cammino!
D.
– In questi anni, quanto è cambiato il dialogo tra cristiani e musulmani? E’ cresciuto?
R.
– Non è cresciuto né diminuito. Per il momento, non ci conosciamo abbastanza tra musulmani
e cristiani. Ma possiamo vivere il dialogo della vita, e questo è ciò che conta per
fare amicizia. Dopo potrà esserci un dialogo spirituale. E’ importante però sapere
che i musulmani stanno pregando; anche noi stiamo pregando. Il dialogo teologico,
tuttavia, è molto, molto più difficile: si è visto anche durante l’incontro di Roma.
Non è facile, un dialogo teologico. Noi cristiani, nella Chiesa, parliamo di tutto
questo, mentre il mondo arabo non l’ha fatto. Nei media non se n’è parlato: nessuno!
Né i giornali, né la televisione, né la radio: nessuno! E’ stata vista come una questione
che riguarda la Chiesa e alcuni musulmani teologi, una questione tra “specialisti”
e basta.
D. – Come vi state preparando al Sinodo
dell’Africa che si svolgerà il prossimo anno?
R.
– Per noi è difficile. Il Maghreb è musulmano e noi siamo una minoranza cristiana
di passaggio; però il contributo che vogliamo offrire alla Chiesa è la presa di coscienza
del fatto che esiste un mondo musulmano con il quale possiamo convivere in amicizia.