2008-11-24 14:45:41

Mons. Marchetto: risolvere l'emergenza di milioni di immigrati senza documenti e senza diritti


Di fronte agli oltre 200 milioni di migranti, sfollati e rifugiati, la Santa Sede esorta ad instaurare una cultura della solidarietà che rispetti i bisogni materiali e spirituali e, soprattutto, la dignità umana di queste persone. Un’esortazione, questa, ribadita durante il seminario sulle migrazioni, promosso a Liverpool dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) e dal Congresso delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam). L’incontro, conclusosi ieri, è stato organizzato nell’ambito di una serie di incontri volti a “promuovere la collaborazione tra le Chiese dei due Continenti”. Si tratta di una cooperazione importante, come spiega al microfono di Linda Bordoni, del programma inglese della nostra emittente, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:RealAudioMP3

R. – E’ una grazia che si sia cominciato un dialogo tra questi due Continenti, anche per quanto riguarda la Chiesa. Questo è un segno della collegialità episcopale, intesa in senso largo, naturalmente, su due punti fondamentali: comunione e solidarietà. Questi certamente sono il nostro pane quotidiano: la Chiesa come comunione e la Chiesa con questa solidarietà. Naturalmente, il fatto che si sia deciso di mettere a fuoco questo tema della mobilità umana è anche un conforto ed una consolazione per noi del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti, che siamo impegnati in questo campo vivamente.
 
D. - Come interpretare oggi il fenomeno della mobilità umana?
 
R. – La mobilità umana è uno dei segni dei tempi e la Chiesa vuole avere una pastorale specifica per queste persone che sono in movimento. Credo che questa sia la grande intuizione di Pio XII nel documento ‘Exul familia’, che raccoglie tutto quello che era stato già fatto nei primi 50 anni del secolo scorso.
 
D. – Una grande emergenza è quella delle persone senza documenti e, quindi, senza diritti. Emergenza da risolvere...
 
R. – Sì, pensiamo agli apatridi, per esempio: sono più di cinque milioni nel mondo e ci sono tanti bambini. Questo significa non aver nessun diritto, praticamente. Significa non poter – in fondo – andare a scuola. Vuol dire non avere assistenza medica oltre ad altre varie conseguenze.
 
D. - Parlando come segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, si può incidere, oltre che con iniziative pastorali, anche nelle decisioni politiche di singoli Stati?
 
R. – Io credo che le mie dichiarazioni negli ultimi tempi certamente abbiano seguito linee pastorali. Però avevano un desiderio – umilmente – di incidere in quelle che sono le politiche degli Stati, addirittura dell’Unione Europea. Quindi credo che si dimostri che la nostra preoccupazione certamente è pastorale. Ma è bene inserita nella pasta del quotidiano svolgersi della vita di questi nostri fratelli e di queste nostre sorelle in particolare necessità.
 
D. – In un mondo dilaniato da profonde sofferenze si può aver fiducia nel futuro?
 
R. – Se noi cristiani non abbiamo fiducia e speranza, chi potrà avere fiducia e speranza? Quindi io ho fiducia e ho speranza perché credo che, con tutte le cattiverie che noi uomini abbiamo, c’è anche questa impronta di Dio che è nell’animo di ciascun uomo nonostante i limiti e, a volte, le visioni e le mancanze di visione per quanto riguarda questo strutturale fenomeno della migrazione. Alcuni non devono farsi illusione del fatto che possa essere un fenomeno transitorio. Quindi anche noi dobbiamo considerare che questo tema – non dico “problema” – sarà con noi: dico “tema” e non “problema” perché già Giovanni Paolo II, ma ancora il Santo Padre Benedetto XVI, ha detto che non bisogna vedere solamente come un problema le migrazioni. Si deve vedere tale fenomeno anche come un dono con tutti gli aspetti positivi che questo può portare, vincendo naturalmente tutte le difficoltà.







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