La crisi economica travolge il settore automobilistico
Secondo i media americani, la Casa Bianca critica il Congresso per il suo atteggiamento
sul piano di salvataggio dell'industria automobilistica. Il Congresso ha deciso di
aggiornarsi al prossimo 8 dicembre per decidere come procedere nei confronti di Gm,
Ford e Chrysler che, entro il 2 dicembre prossimo, dovranno chiarire come i finanziamenti
che riceverebbero dovrebbero cambiare l'industria automobilistica americana. Intanto,
dall'altra parte del mondo Toyota, il più grande produttore giapponese e ormai mondiale
grazie al declino di Gm, ha deciso di tagliare del 50%, entro la fine di marzo, i
dipendenti con contratti a termine. Il servizio di Fausta Speranza.
Negli Stati
Uniti ogni giorno che passa rende più incerta la sopravvivenza dei giganti che hanno
fatto la storia delle quattro ruote. E’ battaglia politica a Washington, ma eventuali
ingenti aiuti di Stato oltre oceano penalizzerebbero il settore in Europa e qualcuno
chiede a Bruxelles di fare lo stesso per le aziende Ue. Ma la responsabile dell'Antitrust
Ue, l’olandese Neelie Kroes, fa sapere che si deve “evitare la trappola costosa di
una corsa ai sussidi” perseguendo il vero obiettivo che non è solo quello di sopravvivere
alla recessione, ma di uscirne con aziende più forti e più lavoro di prima. C’è da
dire che dopo il summit del G20 di Washington, il segretario generale dell'Onu, Ban
Ki-moon, ha invitato i leader mondiali a continuare a ''discutere della crisi finanziaria
mondiale'' a margine della conferenza di Doha che si aprirà il 28 novembre. Finora,
l’Europa chiede regole migliori, trasparenza e controlli, mentre negli Stati Uniti
prevale l’intenzione di evitare il protezionismo. Ma come guardare a questa crisi
e a tutto un modello di società improntato al consumismo? Il presidente della Commissione
degli Episcopati della Comunità Europea (Comece), mons. Adrianus Van Luyn, nei giorni
scorsi ha sottolineato che “le cause più profonde della crisi finanziaria risiedono
in un sistema di valori”. La riflessione sulla crisi in questa ottica del prof.
Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna
e alla John Hopkins University:
“Negli ultimi 20,
25 anni, l’economia a livello mondiale ha assunto una connotazione nuova, rispetto
al passato, che si chiama 'finanziarizzazione', cioè a dire l’attività finanziaria
è diventata l’attività economica prevalente. Questo non era mai stato nei secoli precedenti:
questa è la grossa novità”.
In ogni caso, i governi
devono intervenire, come spiega ancora il prof. Zamagni:
"I
governi devono intervenire, ma come devono intervenire? Qui si apre il dibattito.
In America si tende a favorire politiche di sostegno ad alcuni settori, tipo l’auto,
ma non solo l’auto. In Europa, l’opinione è diversa. Direi che, in questo caso, l’Europa
ha più saggezza dell’America, perchè gli interventi di sostegno ad alcuni settori
industriali sono pericolosi. Primo, perché – come si dice – viziano il mercato, cioè
danno dei messaggi che non sono destinati a durare nel tempo. In secondo luogo, perché
possono aggravare la situazione in altra maniera. E’ ovvio, ad esempio, che in questa
fase di crisi non c’è bisogno di far aumentare il consumo di automobili alla gente
perché gli incentivi, gli aiuti, vogliono dire questo ed è esattamente il contrario
quello che si deve fare. Piuttosto bisogna rivedere i modelli di consumo, perché la
crisi è figlia anche di un neoconsumismo contro il quale sono intervenuti il Pontefice
precedente e quello attuale, continuamente. Quindi, se noi andiamo a sostenere il
settore dell’auto, è come dire alla gente: 'Consumate più auto'. La stessa cosa in
America è successa per la crisi del 'subprime': si diceva che tutti devono comprarsi
una casa, anche quelli che non hanno effettuato i risparmi, e abbiamo visto quello
che ha determinato. Allora, dobbiamo assicurare sostegni alla domanda effettiva delle
famiglie per consentire loro di acquistare quei beni e servizi che si ritiene siano
davvero importanti. Bisogna pensare che se i governi danno i soldi per l’automobile
è perché li portano via dalla scuola, dall’educazione oppure dalla sanità. L’Unione
Europea, giustamente, in questo momento insiste non sui sostegni per comprare più
auto ma, ed esempio, per investire di più nell’educazione dei figli. Purtroppo, il
modello sociale e civile americano tende troppo ad enfatizzare il lato dei consumi,
ma la crisi americana è figlia proprio di un eccesso di consumismo nelle varie direzioni.