2008-11-15 12:33:34

Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica


In questa 33.ma Domenica del Tempo Ordinario la liturgia ci propone la parabola dei talenti: un uomo, partendo per un viaggio, consegna ai servi i suoi beni, affidando a uno cinque talenti, a un altro due, a un altro un talento. I primi due mettono a frutto i beni affidati; non così il terzo, che al ritorno del padrone si vede tolto il talento che viene consegnato al primo servo. Gesù conclude:

“A chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha”.

 
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all’Università Lateranense:RealAudioMP3

(musica)

 
Tutti noi viviamo nel tempo. Chi non "conosce" il tempo nel quale si colloca la sua vita è come un naufrago in balia delle onde: alla deriva. Il Vangelo ci istruisce riguardo a questo tempo. Noi viviamo il tempo della nostra vita presente dentro il tempo più grande che è quello di Cristo Gesù. Viviamo tra la Sua dipartita, caratterizzata dalla consegna a noi delle «cose sue» e il Suo ritorno, quando ci verrà chiesto che cosa ne abbiamo fatto.

 
Il servo «buono e fedele» è colui che «subito» (eutheos) fa circolare i beni che il Signore gli ha consegnato. Per questo gli sono stati dati: perché diventino produttivi. Così egli, in virtù della «fedeltà nel poco» è chiamato ad entrare nel molto (epi pollon), cioè nella gioia di Dio.

 
Tommaso d'Aquino spiega perché non "gli è data la gioia", ma è invitato "ad entrare nella gioia". Solo ciò che è più piccolo di noi, il bene esteriore, ci può essere dato, in ciò che è più grande di noi, siamo chiamati ad entrare con tutto noi stessi (Super Mt, c. 25 l. 2).

 
Il servo malvagio, pigro e indolente riconsegna al padrone quel che aveva ricevuto. Egli viene condannato per due motivi: (1) non ha fatto fruttare il talento; (2) non ha operato adoprando se stesso. Ma il talento è dato per il suo impiego fruttifero e l'atto della donazione divina viene annullato senza l'attivo, creativo e operativo impiego di sé. Nella nuda restituzione non c'è l'«io». Se manchiamo nella implicazione più piccola di noi stessi non potremo essere invitati in quella più grande: quella della gioia di Dio.

 
(musica)







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