2008-11-15 14:53:43

I vescovi dell'Argentina: costruire una nuova nazione sul dialogo, consenso e giustizia


Ricerca sincera e permanente “del dialogo e del consenso” sono per i vescovi argentini le sfide principali per “costruire una nazione nuova (...) capace di darsi come priorità lo sradicamento della povertà”. Questo l’auspicio della Conferenza episcopale argentina al termine, ieri, della plenaria durante la quale è stato approvato un ampio documento nella prospettiva del bicentenario, cioè delle celebrazioni che fino al 2016 ricorderanno i due secoli dell’indipendenza repubblicana. Il servizio di Luis Badilla:RealAudioMP3

“Vogliamo celebrazioni nello spirito della giustizia e della solidarietà”, ha sottolineato mons. Jorge Casaretto, vescovo di San Isidro, presentando il documento alla stampa. “Il fatto che in quest'incontro siano presenti tutti i vescovi argentini – ha aggiunto il presule - vuole sottolineare l'importanza che attribuiamo a questi orientamenti che riteniamo le linee-guida per il nostro lavoro pastorale nei prossimi anni”. Per i vescovi argentini l’esperienza degli ultimi anni e l'uscita dalla crisi, “forse la più complessa della storia” della nazione, dimostra che “la scelta della non-violenza e la cura dei più deboli” è il cammino giusto. Un cammino da percorrere perché “le controversie acutizzano i conflitti e danneggiano i poveri e gli esclusi”. La storia dimostra, dunque, che occorre “cercare accordi duraturi (...), cicatrizzare le ferite e non incoraggiare mai le esasperazioni e le polarizzazioni”. Ricordando che in una democrazia sono “naturali” i momenti di conflitto, i vescovi allertano il Paese affinché non si lasci trascinare, “allo scontro” e sia scelto sempre il “metodo più saggio e opportuno”.

 
Gli obiettivi sono di prevenire e affrontare tali momenti “tramite il dialogo”. "Quando prevalgono gli interessi particolari sul bene comune, oppure quando il desiderio di dominio finisce per sovrastare il dialogo e la giustizia, si snatura la dignità delle persone” e così cresce anche la povertà, vera schiavitù moderna. Per i vescovi argentini, una “leadership vera è capace di superare l’onnipotenza del potere e non si adagia solo nella semplice gestione delle emergenze”. Al riguardo, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti che hanno voluto leggere in queste riflessioni una critica alle autorità, mons. Casaretto ha precisato: “Non è così. In questo documento non ci sono critiche a settori o persone. Non siamo interessati a giudicare ciò che accade o ciò che non accade. Siamo interessati a lanciare un invito per camminare tutti verso una nuova tappa. Il prossimo bicentenario è un’occasione storica per la riconciliazione definitiva degli argentini. Il nostro non è un programma politico. Le nostre sono linee-guida che ci auguriamo servano come coscienza critica, per svegliare le coscienze, come strumenti di lavoro di tutti. Vogliamo invitare tutti a pensare un progetto-Paese che oggi non abbiamo. Vogliamo politiche pubbliche valide oltre l’alternanza e transitorietà dei governi”. Infatti, l'ampia dichiarazione dell'episcopato argentino spazia su diversi argomenti, tutti di fondamentale importanza oggi per l’intero Paese. Si riflette “sull’emergenza educativa”, sulla “debolezza delle istituzioni”, “sulla crescente povertà ed esclusione sociale”, ma anche “sull'indebitamento dello Stato”, sul “clientelismo politico”, sul “federalismo iniquo” e sulla drammatica situazione dei “giovani senza lavoro e prospettive”: insomma, su tutto ciò che manca per elaborare e realizzare, come “comunità umana del dialogo e del consenso”, un ‘progetto-Paese’ in cui si lavori uniti per “raggiungere delle mete condivise”.

 
Una priorità per i vescovi è il “recupero del rispetto per la famiglia e per la vita in tutte le sue tappe”. Ricordando l’importanza dell’indipendenza dei poteri dello Stato, i presuli ritengono un bisogno immediato anche quello di lavorare per rinforzare le “istituzioni repubblicane e le organizzazioni” intermedie della società. I presuli argentini ritengono che sia arrivata l’ora di procedere “ad una riforma politica” profonda “per migliorare il sistema politico e soprattutto la qualità della democrazia”. “Occorre una democrazia non solo formale bensì reale e partecipativa”, ma anche “nuovi dirigenti” e nuova linfa “per la vitalità dei diversi partiti”. I vescovi concludono questo capitolo delle loro riflessioni difendendo il federalismo in quanto sana, “necessaria e giusta autonomia”. Ma chiedono che si vada oltre la semplice dimensione giuridico-amministrativa per “raggiungere anche la compartecipazione nelle risorse”. Si devono cioè promuovere “le economie regionali e l’uguaglianza di condizioni di vita, di libertà” e di opportunità educative e sanitarie.

 
“La nostra patria – si legge infine nel documento - è un dono di Dio affidato alla nostra libertà, un regalo che dobbiamo custodire e perfezionare. Potremmo crescere in modo sano come nazione se saremo capaci di riaffermare la nostra identità comune”. Citando il documento di Aparecida, i presuli si congedano dicendo: “Come cristiani siamo portatori di buone notizie per l’umanità e non siamo profeti di sventura. Siamo tutti davanti ad una grande opportunità. Dobbiamo approfittare di questo momento privilegiando l’edificazione del bene comune senza sprecarlo con i nostri interessi egoistici o con condotte intransigenti che frammentano e dividono”.







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