Il rabbino Rosen all'incontro ebraico-cattolico di Budapest: costruiamo insieme società
fondate su valori esistenziali
"Un incontro fiducioso e amichevole. Ci conosciamo ormai da anni e in questi anni
certamente è cresciuta la fiducia. Ora vogliamo andare avanti. Non c’è stata nessuna
polemica e controversia”. Il cardinale Walter Kasper, che presiede la Pontificia Commissione
per i rapporti religiosi con l’ebraismo, ha commentato con queste parole all'agenzia
SIR l'andamento dell’incontro del Comitato internazionale per il collegamento ebraico-cattolico
in corso a Budapest fino a domani. Un appuntamento che quest'anno ha inteso verificare
lo stato dei rapporti tra le due religioni nei Paesi dell'Europa orientale e, in particolare,
la loro capacità di intervenire nella società civile. Su questi argomenti si sofferma
il rabbino David Rosen, presidente dell'International Jewish Committee
for Inter-religious Consultations e tra i partecipanti all'incontro, che sottolinea
anche l'importante commemorazione celebrata ieri per il 70.mo della "Notte dei cristalli",
ovvero l'inizio del pogrom antisemita in Germania. Ascoltiamolo al microfono
di Marta Verste, incaricata del Programma Ungherese della nostra emittente:
R. - We can
indeed, we can say it’s a historic event for a number of reasons… Veramente,
possiamo dire che si tratta di un evento storico per una serie di ragioni. Intanto,
la commemorazione della “Notte dei cristalli” di 70 anni fa. La natura stessa di questa
commemorazione, che la Chiesa cattolica e la comunità ebraica fanno insieme, è un
evento unico ed è anche dimostrazione della strada che abbiamo fatto per cercare di
trasformare la tragedia del passato in una memoria condivisa, per ricordare ed imparare.
E’ un evento storico, però, anche perché questa è la prima volta, dalla caduta del
comunismo, che ci incontriamo nell’Europa centrale dell’Est. Stiamo cercando strade
che ci coinvolgano non soltanto in responsabilità vicendevoli, ma anche in responsabilità
condivise nella costruzione di nuove società sane, che non siano più fondate unicamente
su fattori di materialismo secolare, ma che abbiano anche una visione e propositi
esistenziali.
D. - Qual è la sua esperienza in merito
alla collaborazione tra ebrei e cattolici nei Paesi dell’Europa dell’Est?
R.
- I think it is very difficult to generalize, because it varies from one Country… Credo
sia molto difficile generalizzare, perché questa collaborazione varia molto da Paese
a Paese. La mia sensazione è che, pur rilevando conquiste significative, c’è ancora
molta strada da fare. Parte dei motivi per cui c’è ancora tanta strada da fare risiedono
nel fatto che ciascuna comunità tende, comprensibilmente, ad occuparsi sostanzialmente
delle proprie sfide particolari, che non necessariamente sono quelle delle altre comunità.
Per questo, l’argomento delle relazioni ebraico-cattoliche non è sempre prioritario
per le singole comunità, come dovrebbe essere.
L'incontro
di Budapest sta ponendo attenzione ai giovani per ciò che riguarda la loro formazione
al dialogo interreligioso. Lo conferma al microfono di Marta Vertse, padre
Norbert Hofmann, segretario dela Commissione Pontificia presente in Ungheria:
R. - Una
delle nostre intenzioni è stata dall’inizio quella di coinvolgere la giovani generazioni.
Qui a Budapest, abbiamo 12 ragazzi di un’età tra i 20 e i 30 anni pronti a dialogare
guardando sul futuro. Il consiglio è dunque quello di coinvolgere con maggiore intensità
la generazione più giovane. Poi ci sarà, l’anno prossimo, un convegno che includerà
i musulmani: sul come organizzarlo ne parleremo domani. Nei Paesi dell’Europa dell’est,
ci sono anche delle comunità cristiane e ortodosse, che qualche volta sono in maggioranza.
Un'altra prospettiva, allora, riguarda il coinvolgimento dei cristiani ortodossi,
quali altri passi fare verso questo dialogo.