La preoccupazione del Papa, che ieri all’Angelus si è pronunciato nuovamente per una
soluzione del conflitto nella regione congolese del Nord Kivu, viene rivolta all’intera
comunità internazionale: “Rinnovo il mio fervido appello – ha detto con forza il Pontefice
– affinché tutti collaborino al ripristino della pace, nel rispetto della legalità
e della dignità di ogni persona”. Ma per ora nel Nord Kivu sono i combattimenti ad
essere protagonisti. Ieri le violenze si sono estese alla zona di confine tra le due
province del Nord e Sud Kivu. Gli scontri hanno opposto i ribelli, guidati dall’ex
generale tutsi Laurent Nkunda, la guerriglia Mai Mai, la milizia rwandese hutu e le
forze governative. Una situazione tragicamente caotica, dalla quale centinaia di migliaia
di persone sono in fuga. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Simona Venturoli,
del Servizio Progetti all’estero dell’AIFO, l’Associazione Italiana Amici di Raoul
Follereau, attualmente presente in Nord Kivu con diversi progetti umanitari:
R. – Purtroppo,
le notizie che ci giungono direttamente da Goma confermano la situazione drammatica
che in questi giorni si è presentata dai mass media internazionali. Abbiamo ricevuto
questa mattina un messaggio da suor Giovanna Gallicani, una Piccola Figlia dei Santissimi
Cuori di Gesù e Maria, che collabora con noi sul nostro progetto a Goma e che ci dice:
“Abbiamo passato due giorni terribili: l’armata nazionale e i ribelli hanno saccheggiato,
ucciso e commesso violazioni di ogni genere. Rimane l’incertezza, la paura. Preghiamo
perché la guerra finisca”. Ecco: in effetti, la cifra di due milioni di sfollati che
nei giorni precedenti sembrava eccessiva, è invece ormai purtroppo confermata. Sono
persone che sono costrette ad abbandonare i loro villaggi, quasi sempre dati alle
fiamme, e giungono nella capitale nella speranza di trovare un rifugio. In realtà,
trovano una città che non è più in grado di sostenere e di accogliere tutta questa
popolazione, di soddisfare i loro bisogni principali. Mancano cibo, acqua, medicine;
continuano le vessazioni e le violazioni e le violenze di ogni tipo su civili inermi.
E in questi giorni stanno scoppiando anche epidemie di colera nella periferia della
capitale.
D. – In che modo l’AIFO cerca di alleviare
questa che sta diventando una tragedia immane?
R.
– L’AIFO è presente a Goma dal 2004 con un progetto di sostegno ad un Centro di salute
mentale, in stretta collaborazione con i Fratelli della carità che ogni anno assistono
e curano 750 bambini con problemi neuropsichiatrici o comportamentali legati proprio
ai traumi da guerra. In questi giorni, come potrete immaginare, i bambini che stanno
affluendo al centro sono triplicati e quindi anche il Centro di salute sta vivendo
gli stessi drammi di tutta la città. Manca cibo, acqua e soprattutto mancano le medicine
e questo rende molto difficile continuare i trattamenti anche dei bambini che erano
già in cura. Cercheremo di fare arrivare al Centro di salute mentale un convoglio
di cibo, medicine, acqua e farmaci in modo da aiutarli in questo momento veramente
drammatico. Comunque, maggiori informazioni si possono trovare sul nostro sito www.aifo.it
oppure attraverso il nostro numero verde 800 55 03 03.
D.
– Il Papa è tornato a parlare della tragedia del Nord Kivu con un accorato appello.
Come è stato accolto da voi operatori umanitari, ma anche dalla gente che è lì?
R.
– Sicuramente l’appello del Papa è arrivato e tutti noi ringraziamo il Papa. E' importante
quanto ha detto perché è giunto il momento che l’Europa faccia sentire la voce, che
ci alziamo uniti per dichiarare il nostro “no” a quello che secondo noi è un ennesimo
sterminio di massa coperto in realtà da interessi economici e di potere. Tutti noi
operatori umanitari stiamo cercando di fare comunque il meglio per essere al fianco
di questa popolazione che in questo momento nessuno sembra in grado di poter aiutare.