“La situazione umanitaria è drammatica perché i combattimenti spingono sempre più
persone verso Goma” dice all'agenzia Fides Giulia Pigliucci, dell'ufficio stampa del
Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (VIS), organizzazione non governativa
promossa dal Centro Nazionale Opere Salesiane, che è appena rientrata da Goma, capoluogo
del nord Kivu, nell'est della Repubblica Democratica del Congo. La situazione umanitaria
è resa ancora più drammatica dal fatto che si è nel pieno delle stagioni delle piogge
e di notte fa molto freddo. “Il campo di accoglienza per sfollati Don Bosco, gestito
dal VIS, è l'unico che si trova nel centro di Goma” - dice Giulia Gigliucci - “attualmente
accoglie 1.100 persone registrate, tutte donne e bambini”. Le organizzazioni umanitarie
internazionali hanno lanciato l'allarme per i casi di colera registrati a Goma. La
responsabile del VIS afferma che “nel centro Don Bosco vi sono una cinquantina di
persone colpite dal colera”. Il VIS a Goma collabora con Medici senza Frontiere. Claudia
Lodesani, coordinatore medico dell’organizzazione nel Nord Kivu ha dichiarato: “L’ospedale
di MSF a Rutshuru è pieno di sfollati. Negli ultimi due giorni le nostre équipe mediche
hanno curato 43 feriti di guerra, e altri stanno ancora giungendo”. Con 52 operatori
internazionali e oltre 700 operatori congolesi, in tutta la regione del Nord Kivu
MSF cura i feriti, le persone colpite dal colera e fornisce agli sfollati e ai residenti
cure mediche, acqua potabile e generi di prima necessità. E Pax Christi, movimento
cattolico internazionale per la pace esprime oggi “forte preoccupazione per la situazione
che sta generando sofferenze e distruzioni” e si associa agli organismi che finora
hanno levato la propria voce “perché la comunità internazionale, nelle sue diverse
articolazioni, non resti indifferente diventando complice”. Le diverse realtà cattoliche
e laiche chiedono, tra l’altro, di “organizzare con urgenza l'azione umanitaria per
rispondere all'emergenza; partire dagli accordi firmati tra le parti”. Le organizzazioni
e i missionari italiani sottolineano soprattutto la necessità di “ribadire il mandato,
unificando le regole di ingaggio dei contingenti delle Nazioni Unite presenti nel
Kivu, perché possano svolgere il compito che è loro assegnato, cioè quello di far
rispettare gli accordi e proteggere la popolazione. (V.V.)