2008-11-10 16:16:34

Il cardinale Ruini chiude il seminario di studi “Giovani e Cultura”


“Possiamo affermare che il rapporto tra fede e cultura ha cominciato ad esistere prima ancora di essere pensato come tale… La Chiesa e il progetto culturale in senso cristiano (nato ufficialmente nel 1994) in questi 14 anni si sono confrontati con due fondamentali linee di sviluppo, che rappresentano al tempo stesso una sfida e un’opportunità: la nuova questione antropologica e l’educazione dei giovani”. Ad affermarlo, ieri a Roma, il cardinale Camillo Ruini (“padre fondatore” del progetto culturale) a chiusura del seminario di studio “Giovani e Cultura” proposto dal Servizio nazionale di pastorale giovanile e dal Servizio per il progetto culturale della CEI. Da venerdì a domenica un centinaio di partecipanti da tutta Italia, riferisce il Sir, si è confrontato su come “pensare e comunicare la fede nelle agorà di oggi”. Il cardinale ha ricordato come è giusto che la Chiesa “faccia cultura, proponendo stili di vita che orientino soprattutto i giovani”. E affinché la cultura non si trasformi in un “monumento”, è indispensabile una “costante elaborazione, perché – ha incalzato – la cultura deve essere necessariamente pensata e incarnata nel contesto storico in cui si vive, sottoposto a continui e veloci cambiamenti”. Poiché la visione dell’uomo è il fulcro di ogni cultura ecco che la “nuova questione antropologica assume un ruolo centrale”. Ma cosa è cambiato, in questi anni, nella visione dell’uomo? “I vescovi – ha affermato il cardinale rivolgendosi ai giovani – sempre più hanno preso coscienza del fatto che c’è un nuovo modo di agire sull’uomo. Lo sviluppo tecnologico ora è direttamente applicato all’uomo, per cui le biotecnologie intervengono sia sul corpo che sulla mente”. “Le due encicliche di Benedetto XVI sono punti di riferimento irrinunciabili – ha continuato - che permettono di aprire gli orizzonti della razionalità, facendo vedere la pienezza dell’amore cristiano, che sa declinarsi in ogni aspetto, dall’affettività alla carità”. L’importante è che “la nostra pastorale affronti le sfide culturali più impegnative, senza dare per scontato che alcuni temi già si conoscano e non interessino”. Ma da educatori cosa fare se i giovani proprio non vogliono ascoltare? “È difficile – ha concluso il cardinale – ma dobbiamo essere noi i primi a credere fermamente in quello che annunciamo e testimoniamo”. (V.V.)







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