Seminario cattolico-musulmano a Roma sul tema “Amore di Dio, amore del prossimo”.
Intervista con mons. Celata
Inizia domani a Roma un Seminario cattolico-musulmano sul tema “Amore di Dio, amore
del prossimo”: vi prendono parte 29 esperti da parte cattolica e altrettanti da parte
musulmana. Nel contesto della tematica centrale verranno approfonditi due sottotemi:
“I fondamenti teologici e spirituali” e “Dignità umana e rispetto reciproco”. Giovedì
6 novembre è in programma l’udienza con il Santo Padre. Nel pomeriggio della stessa
giornata è prevista una sessione pubblica presso la Pontificia Università Gregoriana,
durante la quale sarà presentata la “dichiarazione finale” da un partecipante cattolico
e da un esponente musulmano. Ma sull’importanza di questo Seminario ascoltiamo il
segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso mons. Pier Luigi
Celata, al microfono di Adriana Masotti:
R. – L’importanza
del prossimo seminario è data soprattutto dal fatto che esso nasce da una proposta
che, per parte musulmana, vede riuniti esponenti di diverse tradizioni islamiche -
come sunniti, sciiti – provenienti da Paesi di diverse regioni del mondo. Questo incontro
si colloca nel quadro di una situazione generale che vede un’attesa piuttosto diffusa,
che da una parte comprende il desiderio di sgombrare il terreno dalla possibilità
di riferirsi alle religioni, soprattutto alle grandi religioni monoteiste, per giustificare
atti o ideologie di violenza; dall’altra, quest’incontro nasce anche dalla consapevolezza
condivisa della responsabilità che le grandi religioni – ancora in particolare il
cristianesimo e l’islam, anche per una questione quantitativa, statistica, per il
numero dei loro aderenti – hanno nei confronti della grande aspirazione dell’umanità:
la pace. Più specificamente, a livello istituzionale, questo seminario si colloca
nel quadro del forum cattolico-islamico, costituito dal Pontificio Consiglio per il
dialogo interreligioso, con i rappresentanti dei 138 musulmani firmatari della nota
lettera aperta al Santo Padre e ad altri capi di Chiese e Comunità cristiane dell’ottobre
del 2007. Un forum che vede la sua prima espressione in questo seminario, e vedrà
ancora un seguito - secondo gli intenti che sono stati concordati - un prossimo seminario
che sarà organizzato fra due anni, di intesa fra le due parti, e a cura questa volta
della parte musulmana. Per quel che riguarda il Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso, quest’iniziativa non è del tutto nuova, viene a collocarsi in una
tradizione di ricerca di dialogo, di incontro con i seguaci dell’islam, e in particolare
si colloca in una serie di iniziative che su base regolare il Pontificio Consiglio
organizza con diverse istituzioni musulmane. Questa fioritura di incontri, iniziative,
com’è noto, nasce a seguito della grande apertura che la Chiesa si trovò spinta a
fare, sotto la guida del magistero di Paolo VI e del Concilio.
D.
– In base a quali criteri, da chi sono stati scelti gli argomenti di riflessione,
in che modo si svolgeranno i lavori?
R. – I temi
che saranno oggetto di riflessione del prossimo seminario, sono stati scelti di comune
intesa dai rappresentanti delle due parti, accogliendo come argomento di base quello
che fu proposto dalle 138 personalità musulmane nella loro lettera aperta, e cioè
amore di Dio e amore del prossimo. Il tema sarà oggetto di dibattito nelle sessioni
previste nei giorni 4, 5 e nella prima parte della mattina del 6 novembre; sarà affrontato
questo tema secondo un’articolazione che vede il primo giorno la proposta di approfondire
i fondamenti teologici e spirituali. Il secondo giorno, invece, l’attenzione sarà
concentrata su una dimensione in un certo modo più applicativa, più concreta, dell’amore
del prossimo, e cioè la dignità della persona umana e il mutuo rispetto. Ciascuno
dei due sottotemi saranno introdotti con una relazione di uno studioso cattolico e
di uno studioso musulmano. Si prevede che, a conclusione dei lavori, possa essere
approvata una dichiarazione comune.
D. – Il dialogo
tra cristiani e musulmani è avviato ormai da decenni. Ma questo dialogo, finora, ha
portato frutti?
R. – E’ difficile individuare esattamente
i frutti, calcolarne l’estensione, la portata; ma, guardando con occhio sereno a questi
decenni di esperienza - che potremmo definire dialogica – non si possono trascurare
certi risultati. Certi muri sono caduti, il dialogo stesso a livello tematico si è
evoluto per affrontare argomenti a volte anche immediatamente forse non graditi secondo
una sensibilità tradizionale, ma che oggi trovano disponibilità e apertura, sia da
una parte che dall’altra. L’esempio dato, se così si può dire, a livello centrale,
ha lievitato iniziative analoghe anche a livello delle Chiese locali, delle Chiese
particolari; qua e là, nelle differenti regioni del mondo, si possono constatare iniziative
molto fruttuose. I frutti si vedono forse più concretamente, perché dove vi erano
situazioni di diffidenza, di non riconoscimento, ci sono oggi invece reti di relazioni,
di incontri, di collaborazione, anche per affrontare comuni problemi, cercarne insieme
la soluzione. Quindi, si può dire, con animo umile, semplice e riconoscente a Dio,
che il buon seme, laddove è stato seminato, ha portato frutto.
D.
– Che cosa risponde però a chi sostiene che, nonostante tutto, i rapporti con i musulmani
rimangono tesi?
R. – E’ vero, vi sono delle situazioni
dove sono presenti delle tensioni tra la comunità musulmana e la comunità cristiana;
sarebbe però interessante vedere sempre se l’origine di queste tensioni è data da
elementi religiosi o piuttosto da influssi e condizionamenti di natura diversa, di
tipo sociale, di tipo economico, di tipo ideologico, politico, di strumentalizzazione
che si possa fare da una parte e dall’altra. Certamente un dialogo serio deve farsi
carico, a un certo punto, anche di queste situazioni che tardano ad evolversi verso
quella dimensione di armonia che deve caratterizzare ogni società degna di questo
nome, ma la Provvidenza se ci dà del tempo e delle energie, ci vedrà anche impegnati
per affrontare queste diverse situazioni.
D. – In
alcuni Paesi musulmani sappiamo che i cristiani vivono una situazione difficile, la
loro libertà è limitata, quando non addirittura negata. Come si muove la Santa Sede
in questi casi, per migliorare la loro situazione?
R.
– La Santa Sede agisce a diversi livelli e con diversi strumenti. Anzitutto, la Chiesa
locale: la Santa Sede non è mai attiva se non in intesa con la Chiesa locale. Quindi,
nell’ambito di questa comunione ecclesiale, le iniziative possono essere le più diverse:
per quel che riguarda noi in modo particolare, il Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso, come abbiamo già fatto per certe regioni, cerchiamo di favorire l’incontro
tra rappresentanti delle diverse parti perché abbiano a conoscersi meglio, perché
i muri della diffidenza, perché le ferite che vengono dalla storia possano essere
lenite, perché conoscendosi meglio si instauri un regime di maggiore fiducia reciproca,
perché possano essere affrontate anche questioni concrete, per vedere insieme di trovarne
o favorirne le soluzioni migliori. Il dialogo, laddove si riesce a promuoverlo, ha
come scopo di portare coloro che vi partecipano a collaborare insieme per il bene
delle rispettive comunità e della società tutta intera.
D.
– Che cosa ci si può augurare, anche aspettare, da questo Seminario di novembre?
R.
– E’ un cammino che inizia. Come ogni cammino, tende ad una mèta, la mèta del dialogo
la conosciamo: conoscersi meglio, cercare di comprendersi nelle ragioni dell’uno e
dell’altro, vedere quali elementi ci accomunano, perché insieme possiamo dare una
risposta - per stare al tema di questo seminario – di amore coerente a Dio, cercando
di amarci tra noi. Instaurare quindi un clima, una realtà, uno stile di rapporto che
rifletta questo comandamento nuovo, almeno per noi, dell’amore. Un cammino che si
avvia alla luce, con la forza di questa grazia che è l’amore di Dio stesso a nostra
disposizione, anima la nostra speranza perché possiamo, anche con questo cammino,
come facciamo con altri percorsi, promuovere qualcosa che risponda veramente al disegno
di Dio a riguardo delle sue creature, al disegno del Padre riguardo i suoi figli,
che li vuole uniti in una comune tensione, che sia di rispetto reciproco, che sia
di realizzazione nella solidarietà dei nostri destini.