La morte ci fa capire che tutto finisce e ci invita a non vivere da mediocri: così
il Papa nella Messa in suffragio di cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno
La morte ci dice una cosa importante: che tutti in questo mondo siamo di passaggio,
destinati alla felicità eterna nella misura in cui entriamo nel mistero dell’amore
di Dio. E’ quanto ha detto il Papa stamani durante la Messa, presieduta nella Basilica
di San Pietro, in suffragio dei cardinali e dei vescovi scomparsi nel corso dell’anno.
Ieri sera - lo ricordiamo - il Papa si era recato nelle Grotte Vaticane per un breve
momento di preghiera per i Pontefici defunti. Il servizio di Sergio Centofanti.
(canto)
Il
Papa ricorda con “grande affetto” i vescovi, gli arcivescovi e i porporati defunti
nel corso dell’anno: tra questi ricorda i cardinali Stephen Fumio Hamao, Alfons Maria
Stickler, Aloisio Lorscheider, Peter Porekuu Dery, Adolfo Antonio Suárez Rivera, Ernesto
Corripio Ahumada, Alfonso López Trujillo, Bernardin Gantin, Antonio Innocenti e Antonio
José Gonzáles Zumárraga. “Noi li crediamo e li sentiamo vivi nel Dio dei viventi”
– ha affermato – sottolineando, sulla scorta del Libro della Sapienza (4,7-15), “che
vera anzianità veneranda non è solo la lunga età, ma la saggezza e un’esistenza pura,
senza malizia”:
“E se il Signore chiama a sé
un giusto anzitempo, è perché su di lui ha un disegno di predilezione a noi sconosciuto:
la morte prematura di una persona a noi cara diventa un invito a non attardarci a
vivere in modo mediocre, ma a tendere al più presto alla pienezza della vita…Il mondo
reputa fortunato chi vive a lungo, ma Dio, più che all’età, guarda alla rettitudine
del cuore. Il mondo dà credito ai ‘sapienti’ e ai ‘dotti’, mentre Dio predilige i
‘piccoli’”.
C’è dunque “un contrasto tra ciò
che appare allo sguardo superficiale degli uomini e ciò che invece vedono gli occhi
di Dio”. Ma queste due dimensioni del reale, quella della provvisorietà e dell’apparenza
e quella “profonda, vera ed eterna” – spiega il Papa - “non sono poste in semplice
successione temporale, come se la vita vera cominciasse solo dopo la morte”:
“In
realtà, la vita vera, la vita eterna inizia già in questo mondo, pur entro la precarietà
delle vicende della storia; la vita eterna inizia nella misura in cui noi ci apriamo
al mistero di Dio e lo accogliamo in mezzo a noi. E’ Dio il Signore della vita e in
Lui ‘viviamo, ci muoviamo ed esistiamo’ (At 17,28)”.
D’altra
parte – ha affermato Benedetto XVI – “nella prospettiva della sapienza evangelica
la stessa morte è portatrice di un salutare ammaestramento, perché costringe a guardare
in faccia la realtà”:
“Spinge a riconoscere la
caducità di ciò che appare grande e forte agli occhi del mondo. Di fronte alla morte
perde d’interesse ogni motivo di orgoglio umano e risalta invece ciò che vale sul
serio. Tutto finisce, tutti in questo mondo siamo di passaggio. Solo Dio ha la vita
in sé, è la vita”.
Per questo - ha aggiunto -
l'uomo può arrivare alla vita eterna solo entrando nella logica del dono: come Dio
si è donato a noi in Cristo, così noi siamo chiamati a donarci agli altri: è la logica
dell’amore che fa passare dalla morte alla vita, nonostante le nostre umane fragilità.
“Questa Parola di vita e di speranza – conclude il Pontefice - ci è di profondo conforto
dinanzi al mistero della morte, specialmente quando colpisce le persone che a noi
sono più care”:
“Se dunque ci ha rattristato
doverci distaccare da loro, e tuttora ci addolora la loro mancanza, la fede ci riempie
di intimo conforto al pensiero che, come è stato per il Signore Gesù, e sempre grazie
a Lui, la morte non ha più potere su di loro (cfr Rm 6,9). Passando, in questa vita,
attraverso il Cuore misericordioso di Cristo, sono entrati ‘in un luogo di riposo’
(Sap 4,7). Ed ora ci è caro pensarli in compagnia dei santi, finalmente sollevati
dalle amarezze di questa vita, ed avvertiamo noi pure il desiderio di poterci unire
un giorno a così felice compagnia”.