I cimiteri cristiani, "luoghi di riposo" in attesa della risurrezione: intervista
con il prof. Fabrizio Bisconti
La morte per i cristiani è un passaggio. Un passaggio alla vera vita, dove, come dice
Isaia, il Signore asciugherà le lacrime su ogni volto. Per questo i cimiteri cristiani,
sin dall’antichità, non sono mai stati luoghi tristi. Lo dice lo stesso termine greco
“koimetèrion”, che vuol dire “luogo di riposo”, in attesa della risurrezione. Ma come
erano strutturati i cimiteri all’inizio del cristianesimo? Tiziana Campisi
lo ha chiesto al prof. Fabrizio Bisconti, segretario della Pontificia Commissione
di Archeologia Sacra:
R. – I
cimiteri cristiani nascono tra il II e il III secolo dopo Cristo, specialmente a Roma
o meglio, nel suburbio romano. Si scavano per la prima volta delle gallerie o si riutilizzano
sistemi idraulici, cisterne o minierie di arenaria abbandonate. I cristiani volevano
che la loro comunità fosse sepolta nel medesimo luogo, dunque semplici loculi, tutti
uguali, come ci ricorda il Padre della Chiesa, Lattanzio, nel IV secolo. D.
– Come sono strutturati questi luoghi? R. – Un “praedium”, un
appezzamento di terra, acquistato dalla comunità o donato alla comunità da qualche
cristiano più abbiente, viene scavato con gallerie di solito parallele; vengono create
scale, cubicoli, arcosoli, semplici loculi dove vengono sistemati i defunti. D.
– Possiamo anche parlare di arte nei primi cimiteri cristiani? R.
– Sì: noi, ora, le vediamo spogliate, depredate, svuotate dai barbari di ogni epoca
ma in origine le catacombe erano luoghi direi gai, pieni di colore. Questi semplici
loculi avevano un corredo all’intorno, fissato nella malta di chiusura: bambole, vetri
dorati, campanelli appartenuti ai defunti in gioventù o durante la vita, paste vitree,
tessere di mosaico, lucerne per illuminare questi sepolcri … Ma c’è anche un’arte
vera e propria: ci sono le pitture, ci sono i sarcofagi … D.
– Cosa sappiamo invece dei riti? R. – Il rito più diffuso è
quello del pasto funebre che, per i cristiani, diventa “refrigerium”, rinfresco dell’anima.
Si tratta di un pasto molto semplice che si svolgeva presso le tombe dei defunti in
occasione della commemorazione del “dies natalis”, cioè della morte del defunto. E’
molto bello, commovente sapere che questo giorno viene ricordato come il vero natale
del defunto. E in questi banchetti, noi pensiamo che si respirasse un’atmosfera di
convivialità, di socialità, di fratellanza, di amicizia, si ricomponevano le liti
familiari … erano banchetti che prefiguravano il banchetto celeste, che annunciavano
la risurrezione finale. D. – Di queste usanze, quali ancora
oggi sopravvivono? R. – Sicuramente, noi sappiamo dalle fonti
che si usava profumare i sepolcri con delle corone di fiori, di rose, di viole e si
sa dalle iscrizioni funebri di alcuni cristiani che alcuni mariti ricoprono il sepolcro
della moglie di fiori. Così come quella della illuminazione: noi usiamo ancora mettere
fiori ma anche illuminare il sepolcro. I sepolcri dei defunti nelle oscure catacombe
erano illuminati dalle lucerne, che sono state trovate dagli archeologi in gran numero
proprio nelle gallerie delle catacombe.