Situazione drammatica a Goma, assediata dai ribelli. Migliaia di civili in fuga
Si fa sempre più drammatica l'emergenza umanitaria nel nord Kivu, nella Repubblica
Democratica del Congo. La città di Goma, al confine con il Rwanda, è assediata dai
ribelli guidati dal generale Laurent Nkunda. Migliaia di civili in fuga dalle violenze
hanno bisogno di aiuti urgenti. Ferve intanto l’attività internazionale per porre
fine ai combattimenti. Sentiamo Marco Guerra:
''La missione
delle Nazioni Unite non potrà impedirmi di raggiungere Goma''. Mostra i muscoli Laurent
Nkunda, il leader dei ribelli tutsi della Republica Democratica del Congo, che stringe
d’assedio il capoluogo del nord Kivu. La città vive queste ore con il fiato sospeso,
aspettando l’ingresso dei miliziani da un momento all’altro. Le strade sono deserte
e le attività sono tutte ferme, mentre le organizzazioni umanitarie contano decine
di migliaia di profughi, per i quali i ribelli hanno comunque assicurato corridoi
per l’assistenza di quanti si trovano dietro le loro linee. E con il precipitare della
situazione si moltiplicano gli appelli per una soluzione pacifica della crisi: dopo
la conferenza episcopale si sono fatti sentire anche i missionari, la Caritas e il
segretario generale del ONU, Ban Ki-moon. Intanto inizia a prendere piede anche l’iniziativa
della comunità internazionale. L'Unione Europea considererà tra oggi e domani l'opzione
di inviare un contingente militare nell’area del conflitto. Ipotesi fortemente sostenuta
dal ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, e dal Belgio,
ma che lascia perplesse Germania e Inghilterra. Lo stesso Kouchner partirà
in giornata per Goma accompagnato dal segretario di Stato alla cooperazione.
Mente gli Stati Uniti hanno già inviato in Congo, per una serie di colloqui,
il segretario di Stato aggiunto per l’Africa, Frazer.
Sulla
situazione a Goma Giancarlo La Vella ha intervistato Andrea Pontiroli
di Medici Senza Frontiere, presente con la Caritas nella città assediata:
R. – La situazione
è precipitata negli ultimi giorni, ma ci tengo a sottolineare che sono diversi mesi
che in tutto il nord Kivu la guerra è scoppiata raggiungendo livelli di violenza mai
vista negli ultimi anni. In questo momento, continuiamo a lavorare in tutte le zone
colpite dal conflitto e siamo anche presenti a Goma. Una cosa estremamente preoccupante,
dopo la giornata di ieri, è che ci sono stati 31 casi di colera confermati, appena
fuori Goma, il che è una prova dell’ardua situazione, perché ovviamente il colera
scoppia in casi di sovraffollamento. E in una situazione come questa, di grande vulnerabilità
per la popolazione civile, questo può avere delle conseguenze molto serie. Ci sono
bambini gravemente malnutriti, specie nelle zone più remote, dove le persone si nascondono
per settimane, se non mesi, nelle foreste, quando i loro villaggi vengono attaccati.
Quindi, vediamo grandissimi livelli di violenza, sia diretta che indiretta, nei confronti
della popolazione civile.
D. – Ogni crisi umanitaria
coinvolge i Paesi limitrofi. A parte le frizioni tra Rwanda e Repubblica Democratica
del Congo c’è il rischio che il conflitto in nord Kivu infiammi tutta la regione dei
Grandi Laghi?
R. – E’ un rischio purtroppo che, se
guardiamo alla storia, è successo altre volte. Ovviamente sta alla comunità internazionale
cercare di risolvere il conflitto da un punto di vista politico. Noi come organizzazione
umanitaria ci limitiamo ad un ruolo di soccorso immediato, nel corso dell’emergenza,
e di denuncia della situazione umanitaria. Ovviamente credo che sia un ulteriore motivo
perché ci sia una mobilitazione per soccorrere la popolazione civile.
D.
– Le parti in conflitto favoriscono l’intervento umanitario o no?
R.
– Noi abbiamo continuato e continuiamo in questo preciso momento a lavorare in tutte
le zone colpite dal conflitto, sia sotto il controllo dell’esercito regolare, sia
sotto il controllo degli uomini di Nkunda o di altri movimenti armati. Ovviamente
non è facile, bisogna sempre spiegare a tutte le parti in conflitto che siamo un’organizzazione
indipendente, neutrale e che l’unica cosa che facciamo è soccorrere la popolazione
civile e non portare aiuti a una parte o all’altra. Ci stiamo riuscendo, però, e ci
siamo riusciti finora.