Peggiora sempre più la situazione nella Repubblica Democratica del Congo. Goma, capoluogo
della regione del nord kivu, al confine con il Rwanda è circondata dai ribelli, mentre
continua la fuga di civili militari. La condanna verso i guerriglieri è unanime, nel
pomeriggio anche quella dell’Unione Africana. Intanto ferve l’attività internazionale
per porre fine alle violenze e scongiurare una crisi umanitaria. In studio Alessandro
Guarasci Sulla situazione
a Goma Giancarlo La Vella ha intervistato Andrea Pontiroli di Medici
Senza Frontiere, presente con la Caritas nella città assediata:
R. – La situazione
è precipitata negli ultimi giorni, ma ci tengo a sottolineare che sono diversi mesi
che in tutto il nord Kivu la guerra è scoppiata raggiungendo livelli di violenza mai
vista negli ultimi anni. In questo momento, continuiamo a lavorare in tutte le zone
colpite dal conflitto e siamo anche presenti a Goma. Una cosa estremamente preoccupante,
dopo la giornata di ieri, è che ci sono stati 31 casi di colera confermati, appena
fuori Goma, il che è una prova dell’ardua situazione, perché ovviamente il colera
scoppia in casi di sovraffollamento. E in una situazione come questa, di grande vulnerabilità
per la popolazione civile, questo può avere delle conseguenze molto serie. Ci sono
bambini gravemente malnutriti, specie nelle zone più remote, dove le persone si nascondono
per settimane, se non mesi, nelle foreste, quando i loro villaggi vengono attaccati.
Quindi, vediamo grandissimi livelli di violenza, sia diretta che indiretta, nei confronti
della popolazione civile. D. – Ogni crisi umanitaria coinvolge
i Paesi limitrofi. A parte le frizioni tra Rwanda e Repubblica Democratica del Congo
c’è il rischio che il conflitto in nord Kivu infiammi tutta la regione dei Grandi
Laghi? R. – E’ un rischio purtroppo che, se guardiamo alla storia,
è successo altre volte. Ovviamente sta alla comunità internazionale cercare di risolvere
il conflitto da un punto di vista politico. Noi come organizzazione umanitaria ci
limitiamo ad un ruolo di soccorso immediato, nel corso dell’emergenza, e di denuncia
della situazione umanitaria. Ovviamente credo che sia un ulteriore motivo perché ci
sia una mobilitazione per soccorrere la popolazione civile. D.
– Le parti in conflitto favoriscono l’intervento umanitario o no? R.
– Noi abbiamo continuato e continuiamo in questo preciso momento a lavorare in tutte
le zone colpite dal conflitto, sia sotto il controllo dell’esercito regolare, sia
sotto il controllo degli uomini di Nkunda o di altri movimenti armati. Ovviamente
non è facile, bisogna sempre spiegare a tutte le parti in conflitto che siamo un’organizzazione
indipendente, neutrale e che l’unica cosa che facciamo è soccorrere la popolazione
civile e non portare aiuti a una parte o all’altra. Ci stiamo riuscendo, però, e ci
siamo riusciti finora.