Cristiani ed ebrei, testimoni comuni dell'amore di Dio: così il Papa ad una delegazione
ebraica. Nota di padre Lombardi sull'apertura degli Archivi vaticani
Cristiani ed ebrei diano una testimonianza comune dell'amore di Dio in un mondo spesso
segnato da povertà, violenza e sfruttamento: è quanto ha affermato oggi Benedetto
XVI incontrando l’organizzazione ebraica dell’International Jewish Committee on Interreligious
Consultations, guidata dal rabbino David Rosen. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa ha
sottolineato la crescente comprensione tra cattolici ed ebrei, riaffermando “l'impegno
della Chiesa per l'attuazione dei principi enunciati nella storica Dichiarazione Nostra
Aetate del Concilio Vaticano II” che “condanna fermamente tutte le forme di antisemitismo”.
Questo documento - ha proseguito - ha rappresentato “una significativa pietra miliare
nella lunga storia delle relazioni cattolico-ebraiche” e “un invito ad una rinnovata
comprensione teologica dei rapporti tra la Chiesa e il Popolo ebraico”:
“Christians
today are increasingly conscious of the spiritual patrimony they share… I
cristiani sono oggi sempre più consapevoli del patrimonio spirituale che condividono
con il popolo della Torah, il popolo scelto da Dio nella sua ineffabile misericordia,
un patrimonio che chiama ad un maggiore reciproco apprezzamento, rispetto e amore
(cfr Nostra aetate, n. 4)”. D’altre
parte – ha precisato Benedetto XVI – “anche gli ebrei sono chiamati a scoprire ciò
che hanno in comune” con quanti credono nel Signore, “il Dio di Israele”, che si è
rivelato attraverso la sua parola, che, come il Salmista dice, è luce per il nostro
cammino e ci dona nuova vita (cfr Sal 119,105). “Questa Parola – ha aggiunto - ci
spinge a dare comune testimonianza della misericordia, della verità e dell'amore di
Dio”. Si tratta di “un servizio vitale nel nostro tempo, minacciato dalla perdita
di quei valori spirituali e morali che garantiscono la dignità umana, la solidarietà,
la giustizia e la pace”:
“In our troubled world,
so frequently marked by poverty, violence and exploitation… Nel nostro
mondo inquieto, così spesso segnato da povertà, violenza e sfruttamento, il dialogo
tra le culture e le religioni deve essere visto sempre più come un sacro dovere che
incombe su quanti sono impegnati a costruire un mondo degno dell'uomo. La capacità
di accettare e rispettare l'un l'altro, e di dire la verità nella carità, è essenziale
per superare le differenze, prevenire le incomprensioni ed evitare inutili scontri”. Ma
“il dialogo – ha affermato il Papa - è serio e onesto solo quando rispetta le differenze
e riconosce gli altri proprio nella loro diversità”:
“A
sincere dialogue needs both openness and a firm sense of identity… Un
dialogo sincero ha bisogno sia di apertura sia di un solido senso di identità da entrambe
le parti, per consentire a ciascuno di essere arricchito dai doni dell’altro”. Il
Pontefice ha ricordato gli incontri avuti negli ultimi mesi con comunità ebraiche
a New York, Parigi e in Vaticano: incontri che riflettono “i progressi nelle relazioni
cattolico-ebraiche”. Infine, ha incoraggiato il Comitato a perseverare nel suo “importante
lavoro con pazienza e rinnovato impegno” anche in vista dell’incontro il prossimo
mese a Budapest con una delegazione della Commissione vaticana per i Rapporti Religiosi
con l'Ebraismo, al fine di discutere sul tema: "Religione e società civile oggi".
Da
parte sua, nel suo indirizzo di saluto, il rabbino David Rosen, presidente del Comitato,
ha ringraziato la Santa Sede per il suo impegno contro ogni forma di antisemitismo.
Ha espresso quindi la propria soddisfazione per i chiarimenti avuti in merito alla
modifica della preghiera per gli ebrei nella Liturgia del Venerdì Santo. E ha ripetuto
la richiesta per un accesso degli studiosi agli archivi vaticani per i documenti relativi
al periodo nazi-fascista. Infine ha espresso la propria solidarietà per le violenze
anticristiane in India, Iraq e sud-est asiatico.
Ma
sulla richiesta relativa agli archivi vaticani ascoltiamo una nota del nostro direttore
generale, padre Federico Lombardi:
A
proposito delle rinnovate richieste di apertura degli archivi vaticani è utile tener
presente questi elementi. A prescindere dalla discussione se essa potrebbe o no dar
luogo a novità rilevanti nelle conoscenze storiche sul pontificato di Pio XII, la
richiesta è in sé comprensibile e giustificata dal punto di vista della metodologia
degli studi storici. Tuttavia occorre comprendere bene ciò che essa comporta come
lavoro di preparazione. L’apertura dell’Archivio Segreto Vaticano agli studiosi è
stata iniziata da Leone XIII nel 1881 e continuata dai suoi Successori. Il principio
seguito generalmente è stato di aprire agli studiosi i documenti “pontificato dopo
pontificato” e non in base a un determinato limite di tempo (ad es. 50, 70, 90 anni,
come avviene per altri archivi), poiché l’Archivio stesso non è strutturato secondo
uno schema semplicemente cronologico, ma appunto “per pontificati”.
Finora
l’apertura è estesa all’intero pontificato di Pio XI (quindi fino al 1939), i cui
documenti sono stati resi accessibili nel 2006. L’apertura agli studiosi degli archivi
suppone un impegnativo lavoro di preparazione della documentazione che comprende:
la descrizione delle varie posizioni (protocolli, fascicoli, buste, ecc.); numerazione
dei fogli; timbratura di singoli fogli per ragioni di sicurezza; rilegatura dei fascicoli
di carte più deteriorate o delicate. Il lavoro di catalogazione e ordinamento è lungo
e paziente, e il personale specializzato a ciò addetto è limitato. Perciò richiede
tempi adeguati. I fondi archivistici che riguardano il Pontificato di Pio XII, ai
quali attualmente si sta lavorando appunto per prepararli in vista della possibile
apertura, appartengono a tre grandi gruppi, con problematiche proprie: 1) gli archivi
delle rappresentanze pontificie; 2) gli archivi della Segreteria di Stato; 3) gli
archivi delle Congregazioni romane ed altri Uffici. In totale i fogli assommano a
circa 16 milioni di carte, se non più. Le buste da preparare sono 15.430, e i fascicoli
2.500. Il prefetto dell’Archivio Segreto, mons. Sergio Pagano, ha recentemente affermato
che con le forze attuali i tempi previsti di lavoro sono di almeno 6/7 anni. Prima
di allora è irrealistico pensare ad un’apertura agli studiosi. Naturalmente, poi,
una volta che il lavoro di ordinamento sia completato, dato che l’Archivio Segreto
è Archivio del Papa, la decisione finale sull’apertura spetterà al Santo Padre stesso.