A tre anni esatti dal terribile terremoto dell’ottobre 2005, è tornata a tremare la
terra in Pakistan. Una scossa di magnitudo 6.5 sulla scala Richter ha colpito stanotte
la parte occidentale del Paese, in Belucistan, al confine con l’Afghanistan. Il bilancio
ancora provvisorio parla di oltre 160 vittime, registrate soprattutto nella zona di
Ziarat, un’area montuosa ad est di Quetta. Sono ancora molti, però, i villaggi completamente
distrutti non ancora raggiunti dai soccorritori. Giada Aquilino ha intervistato Francesca
Marino, esperta di questioni asiatiche della rivista Limes, raggiunta telefonicamente
nella vicina India: R. – Di distruzione
totale e completa: si dice che ci siano ancora moltissimi corpi sotto le macerie,
non si sa quanti; le notizie filtrano con difficoltà. Sono stati inviati i militari
per i soccorsi. Molta gente si lamenta che i soccorsi non sono ancora arrivati. D.
– Che zona è il Belucistan? R. – E’ una delle zone più povere
del Pakistan con il tasso di alfabetizzazione più basso di tutto il Pakistan; è una
delle zone più ricche di gas: fornisce gas a quasi tutto il Paese. Però, è anche il
posto in cui ci sono un paio di centrali nucleari, svariati presidi dell’esercito.
E’ anche una zona praticamente chiusa a tutto il resto del mondo. Tra l’altro, il
terremoto ha avuto come epicentro l'area tra Quetta e la valle di Ziharat e si dice
che da anni il mullah Omar si trovi a Quetta. D. – Proprio per
la natura della zona e la povertà della popolazione, secondo te, dagli appelli che
hai sentito, cosa serve? R. – Il problema è se le organizzazioni
non governative, gli aiuti esterni saranno autorizzati in Belucistan. Quando c’è stata
l’alluvione dello scorso anno, che ha lasciato decine di migliaia di persone senza
casa, non è stato permesso a nessuno di entrare nell’area, eccetto alla Croce Rossa
Internazionale e comunque con forti limitazioni.