RD Congo: i missionari denunciano violazioni dei diritti umani nel nord Kivu
“È ripresa la guerra che conta già più di 5 milioni di morti. Una guerra paravento
– la definiscono i vescovi congolesi - per coprire il saccheggio delle ricchezze minerarie
del paese, dove il 70% dei sessanta milioni di abitanti vive con meno di un dollaro
al giorno” afferma un comunicato inviato all'agenzia Fides da padre Silvio Turazzi,
missionario saveriano, per conto della Rete “Pace per il Congo”, sulla guerra nel
nord Kivu, nell'est della Repubblica Democratica del Congo. Nel documento si ricorda
la presa di posizione dei vescovi congolesi che denunciano i crimini commessi contro
la popolazione congolese: “Le conseguenze sono enormi: ancora migliaia di morti, popolazioni
condannate a scappare e vagare in condizioni disumane, bambini e ragazzi costretti
ad arruolarsi come soldati nei gruppi armati. Un dramma umanitario sotto i nostri
occhi, che non può lasciare nessuno indifferente. No alla guerra e al saccheggio delle
risorse naturali” scrivono i vescovi. Essi condannano con forza la ripresa della guerra
per appagare ambizioni nascoste e la presa in ostaggio della popolazione civile, adoperata
come scudo umano. Questo avviene dopo le libere elezioni democratiche del 2006, dopo
gli accordi firmati a Goma tra i gruppi armati, del gennaio scorso, alla presenza
dei Caschi Blu e dei mediatori europei e americani. La diplomazia sembra impotente.
Di fatto il 90 % delle esportazioni minerarie avviene nell’illegalità; continua l’arrivo
di armi; è documentata la presenza di truppe rwandesi nella regione in appoggio al
generale dissidente Laurent Nkunda. Nelle vicinanze della città di Goma vivono, nella
miseria, più di un milione di sfollati, costretti a lasciare i loro campi; la città
stessa è diventata una prigione, dove scarseggiano i viveri e i prezzi sono inaccessibili.
Un sacco di fagioli costa oggi 95 $, lo scorso anno erano 20 $. Le popolazioni del
Kivu, allontanate dalle loro terre, sono nuovamente in pericolo di morte. I missionari
ricordato il pressante appello del Papa all'Angelus del 12 ottobre scorso quando invitò
" a pregare per la riconciliazione e la pace in alcune situazioni che provocano allarme
e grande sofferenza: penso - disse - alle popolazioni del Nord Kivu, nella RD del
Congo…”. Oggi, 29 ottobre, ricorrono i 12 anni dell'uccisione di mons. Munzihirwa,
arcivescovo di Bukavu (capoluogo del sud Kivu) che si era battuto per il rispetto
dei diritti umani di tutti, indipendentemente dalle etnie. La memoria del vescovo
oggi unisce le comunità della RD del Congo, dell’Italia e degli altri paesi, nel segno
della croce e nell’impegno per la pace. Egli amava ripetere: “Ci sono cose che solo
gli occhi che hanno pianto possono vedere”. Nel suo ultimo messaggio mons. Munzihirwa
affermava:”Noi abbiamo speranza che Dio non ci abbandonerà e da qualche parte del
mondo sorgerà per noi un piccolo bagliore di speranza. Dio non ci abbandonerà se ci
impegneremo a rispettare la vita dei nostri vicini a qualunque etnia appartengono”.
(R.P.)