Il Papa all'udienza generale: la Croce, scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani,
rivela l'amore sconfinato di Dio capovolgendo la logica del potere umano
La teologia della Croce, come ne parla San Paolo, scandalo per i giudei e stoltezza
per i pagani, ma sapienza di Dio che manifesta il suo amore nella debolezza, è stata
al centro della catechesi di Benedetto XVI oggi all’udienza generale in Piazza San
Pietro. Circa ventimila i fedeli presenti. Il servizio di Sergio Centofanti. Il Papa,
proseguendo la sua catechesi su San Paolo, ha affrontato oggi il punto focale della
teologia paolina: la Croce. Benedetto XVI è partito dall’evento straordinario della
conversione di Saulo di Tarso che da persecutore dei cristiani divenne instancabile
annunciatore del Cristo crocifisso e risorto, tra mille pericoli e difficoltà. “Nell’incontro
con Gesù gli si era reso chiaro il significato centrale della Croce: aveva capito
che Gesù era morto ed era risorto per tutti”: “Giorno dopo
giorno, nella sua nuova vita, sperimentava che la salvezza era ‘grazia’, che tutto
discendeva dalla morte di Cristo e non dai suoi meriti, che del resto non c’erano.
Il ‘vangelo della grazia’ diventò così per lui l'unico modo di intendere la Croce,
il criterio non solo della sua nuova esistenza, ma anche la risposta ai suoi interlocutori”. I
giudei riponevano nelle opere la salvezza, i greci esaltavano la sapienza umana, gli
eretici si fabbricavano un cristianesimo a proprio uso e consumo. La Croce invece
per Paolo “vuol dire salvezza come grazia donata per ogni creatura”: “Lo
‘scandalo’ e la ‘stoltezza’ della Croce stanno proprio nel fatto che laddove sembra
esserci solo fallimento, dolore, sconfitta, proprio lì c'è tutta la potenza dell'Amore
sconfinato di Dio, perché la Croce è espressione di amore e l’amore è la vera potenza
che si rivela proprio in questa apparente debolezza”. San
Paolo annuncia con coraggio Cristo crocifisso. Si attira persecuzione e disprezzo
ma sa che “la posta in gioco è altissima”: “Accettare la
croce di Cristo significa operare una profonda conversione nel modo di rapportarsi
a Dio. Se per i Giudei il motivo del rifiuto della Croce si trova nella Rivelazione,
cioè la fedeltà al Dio dei Padri, per i Greci, cioè i pagani, il criterio di giudizio
per opporsi alla Croce è la ragione. Per questi ultimi, infatti, la Croce è moría,
stoltezza, letteralmente insipienza, cioè un cibo senza sale; quindi più che un errore,
è un insulto al buon senso”. Così Paolo fa spesso “l’amara
esperienza” del rifiuto del mistero della Croce, non ritenuto “neppure degno di essere
preso in considerazione sul piano della logica razionale”: “Per
chi, come i greci, vedeva la perfezione nello spirito, nel pensiero puro, già era
inaccettabile che Dio potesse divenire uomo, immergendosi in tutti i limiti dello
spazio e del tempo. Decisamente inconcepibile era poi credere che un Dio potesse finire
su una Croce! E vediamo come questa logica greca è anche la logica comune del nostro
tempo”. L’amore di Dio – afferma Benedetto XVI - si manifesta
nella sua debolezza: “La Croce rivela ‘la potenza di Dio’
(cfr1 Cor 1,24), che è diversa dal potere umano; rivela infatti il suo amore: ‘Ciò
che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio,
è più forte degli uomini’ (ivi v. 25). Distanti secoli da Paolo, noi vediamo che nella
storia ha vinto la Croce e non la saggezza che si oppone alla Croce”. Il
Papa invita quindi tutti i fedeli ad accogliere la croce, trovando la forza nell’umiltà
dell’amore, per diventare partecipi della morte e risurrezione di Cristo: “Noi
tutti dobbiamo formare la nostra vita su questa vera saggezza: non vivere per noi
stessi, ma vivere nella fede in quel Dio del quale tutti possiamo dire: ‘Mi ha amato
e ha dato se stesso per me’". Al termine della catechesi,
durante i saluti nelle varie lingue, rivolgendosi ai pellegrini slovacchi, ha ricordato
che “domenica prossima la Chiesa ci invita a pregare per i defunti. Il loro ricordo
– ha esortato- ci conduca a meditare sull’eternità, orientando la nostra vita ai valori
che non periscono”. Infine, salutando i fedeli della diocesi
di Bergamo, venuti con il vescovo Roberto Amadei per ricordare il cinquantesimo anniversario
dell'elezione del beato Giovanni XXIII, ha auspicato che “la memoria di Papa Roncalli,
ancora viva nel popolo cristiano, sproni tutti, e specialmente i suoi conterranei,
a seguire con entusiasmo il Vangelo”.