2008-10-26 13:22:39

Il Papa ha presieduto in San Pietro la Messa conclusiva del Sinodo. Il pensiero ai vescovi cinesi e l’annuncio del viaggio in Africa. All’Angelus, l’appello per i cristiani in India e in Iraq


Con una solenne celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana, si sono conclusi stamani i lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio. Al centro dell’omelia del Papa, un pensiero speciale per i presuli della Cina continentale e l’annuncio del viaggio apostolico in Africa a marzo 2009. All’Angelus, poi, il Santo Padre ha rivolto un appello per la pace dei cristiani in India e in Iraq e per la libertà religiosa in tutto il mondo. Il servizio di Isabella Piro:RealAudioMP3

(canto)
 
L’Asia e l’Africa: le parole del Santo Padre hanno unito idealmente questi due Continenti, al centro della sua omelia. Dopo aver ringraziato tutti i partecipanti al Sinodo appena concluso, dimostrando gratitudine per la loro “costante dedizione” e per “l’arricchente esperienza” che hanno portato in aula, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero ai vescovi della Cina continentale:
 
"Un pensiero speciale va ai vescovi della Cina Continentale, che non hanno potuto essere rappresentati in questa assemblea sinodale. Desidero farmi qui interprete, e rendere grazie a Dio, del loro amore per Cristo, della loro comunione con la Chiesa universale e della loro fedeltà al Successore dell’Apostolo Pietro. Essi sono presenti nella nostra preghiera, insieme con tutti i fedeli che sono affidati alle loro cure pastorali. Chiediamo al «Pastore supremo del gregge» (1 Pt 5, 4) di dare ad essi gioia, forza e zelo apostolico per guidare con sapienza e con lungimiranza la comunità cattolica in Cina, a noi tutti così cara". 
Quindi, l’annuncio del viaggio in Africa a marzo del 2009, in vista della II Assemblea speciale del Sinodo per questo Continente, che si svolgerà a Roma nell’ottobre del prossimo anno:
 
"E’ mia intenzione recarmi nel marzo prossimo in Camerun per consegnare ai rappresentanti delle Conferenze Episcopali dell’Africa l’Instrumentum laboris di tale Assemblea sinodale. Di lì proseguirò, a Dio piacendo, per l’Angola, per celebrare solennemente il 500.mo anniversario di evangelizzazione del Paese".  
A fare da filo conduttore a tutta l’omelia è stato il comandamento dell’amore. Quell’amore - ha detto il Papa - che tutto supera tutto, tutto rinnova, tutto vince: l’amore di chi, consapevole dei propri limiti, segue docilmente le parole di Cristo. Questo significa essere discepoli di Gesù - ha ribadito Benedetto XVI - e questo significa mettere in pratica il primo e più grande comandamento della Legge divina, testimoniandolo concretamente nei rapporti tra le persone:
 
"(…) devono essere rapporti di rispetto, di collaborazione, di aiuto generoso. Il prossimo da amare è anche il forestiero, l’orfano, la vedova e l’indigente, quei cittadini cioè che non hanno alcun difensore”. 
L’amore per il prossimo, però, ha ricordato il Santo Padre, nasce dall’ascolto docile della Parola divina e dalla sua incarnazione nell’esistenza personale e comunitaria. Un’esperienza ritrovata frequentemente durante i lavori sinodali dei giorni scorsi:  
"In questa celebrazione eucaristica, che chiude i lavori sinodali, avvertiamo in maniera singolare il legame che esiste tra l’ascolto amorevole della Parola di Dio e il servizio disinteressato verso i fratelli. Quante volte, nei giorni scorsi, abbiamo sentito esperienze e riflessioni che evidenziano il bisogno oggi emergente di un ascolto più intimo di Dio, di una conoscenza più vera della sua parola di salvezza; di una condivisione più sincera della fede che alla mensa della parola divina si alimenta costantemente!"
 
Poi, lo sguardo del Papa si è allargato sulla missione della Chiesa: il suo “compito prioritario all’inizio di questo nuovo millennio”, ha ricordato Pontefice, è “nutrirsi della Parola di Dio per rendere efficace l’impegno della nuova evangelizzazione”. Ma è anche necessario “tradurre in gesti di amore la Parola ascoltata, perché solo così diviene credibile l’annuncio del Vangelo, nonostante le umane fragilità che segnano le persone”:
 
"Tanta gente è alla ricerca, talora persino senza rendersene conto, dell’incontro con Cristo e col suo Vangelo; tanti hanno bisogno di ritrovare in Lui il senso della loro vita. Dare chiara e condivisa testimonianza di una vita secondo la Parola di Dio, attestata da Gesú, diventa pertanto indispensabile criterio di verifica della missione della Chiesa". 
Ma come rendere efficace l’impegno dell’evangelizzazione, affinché le persone, incontrando la verità, possano crescere nell’amore autentico? La risposta, ha sottolineato il Papa, si trova nel “contatto vivo e intenso con le Sacre Scritture”:
 
"E poiché non di rado l'incontro con la Scrittura rischia di non essere “un fatto” di Chiesa, ma esposto al soggettivismo e all'arbitrarietà, diventa indispensabile una promozione pastorale robusta e credibile della conoscenza della Sacra Scrittura, per annunciare, celebrare e vivere la Parola nella comunità cristiana, dialogando con le culture del nostro tempo, mettendosi al servizio della verità e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che Dio vuole avere con tutti gli uomini (cfr ibid., 21)."  
A questo scopo, ha continuato il Santo Padre, va curata “in modo speciale la preparazione dei pastori”, “vanno incoraggiati gli sforzi per suscitare il movimento biblico tra i laici, la formazione degli animatori dei gruppi, con particolare attenzione ai giovani” E ancora, bisogna “sostenere lo sforzo di far conoscere la fede attraverso la Parola di Dio anche a chi è 'lontano' e specialmente a quanti sono in sincera ricerca del senso della vita”.
 
(canto)  
All’Angelus, poi, pronunciato di fronte ad una Piazza San Pietro assolata ed affollata di fedeli, Benedetto XVI è tornato sui lavori del Sinodo ed ha ricordato l’importanza di un’esegesi biblica basata sia sul metodo storico-critico che su quello teologico.
 
Poi, l’appello perché il mondo non dimentichi le sofferenze patite dai cristiani in alcuni Paesi dell’Oriente:
 
"Al termine dell’Assemblea sinodale, i Patriarchi delle Chiese Orientali hanno lanciato un appello, che faccio mio, per richiamare l’attenzione della comunità internazionale, dei leaders religiosi e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà sulla tragedia che si sta consumando in alcuni Paesi dell’Oriente, dove i cristiani sono vittime di intolleranze e di crudeli violenze, uccisi, minacciati e costretti ad abbandonare le loro case e a vagare in cerca di rifugio. Penso in questo momento soprattutto all’Iraq e all’India". 
Ricordando il contributo che le “piccole, ma operose e qualificate minoranze cristiane danno alla crescita della patria comune”, il Papa ha poi ribadito che “esse non domandano privilegi”, ma solo di “poter continuare a vivere nel loro Paese e insieme ai loro concittadini”:
 
"Alle autorità civili e religiose interessate chiedo di non risparmiare alcuno sforzo affinché la legalità e la convivenza civile siano presto ripristinate e i cittadini onesti e leali sappiano di poter contare su una adeguata protezione da parte delle istituzioni dello Stato. Auspico poi che i responsabili civili e religiosi di tutti i Paesi, consapevoli del loro ruolo di guida e di riferimento per le popolazioni, compiano dei gesti significativi ed espliciti di amicizia e di considerazione nei confronti delle minoranze, cristiane o di altre religioni, e si facciano un punto d’onore della difesa dei loro legittimi diritti".

Un nuovo accorato appello – dunque – quello del Papa, affinché in Iraq e in India per le comunità cristiane torni la pace e finisca la persecuzione. Come sono state accolte le parole del Santo Padre dai cristiani che in quei Paesi stanno vivendo momenti così drammatici? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a don Renato Sacco, di Pax Christi, da poco rientrato dall’Iraq: RealAudioMP3
 







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