2008-10-26 14:47:34

Anno Paolino in Albania: la testimonianza di un sacerdote albanese


Una spiritualità paolina sempre più diffusa e il progetto di diffondere le Lettere Paoline. Sono le sfide che la Chiesa cristiana di Albania intende perseguire nel corso dell’Anno Paolino. Primo evangelizzatore del Paese, San Paolo è stato punto di riferimento anche per i tanti sacerdoti e laici perseguitati durante il governo comunista. Anni che furono di oppressione, di condanne a morte e di silenzio fino al crollo del regime, avvenuto 18 anni fa. Un periodo di lunga sofferenza per la Chiesa che oggi vive una nuova primavera. Ma c’è ancora curiosità per San Paolo? Al microfono di Benedetta Capelli risponde don Marjan Paloka, sacerdote albanese:RealAudioMP3

R. – C’è curiosità intorno alla figura storica di San Paolo perché, in Albania, stiamo vivendo un momento importante per la riscrittura della storia. Nei 500 anni di dominazione turca, la storia non è stata affrontata affatto come questione nazionale. La questione dell’identità, dell’eredità spirituale e storica non esisteva. Durante il comunismo la storia è stata affrontata per distorcerla, per presentarla in un modo falso. In questo periodo di rilettura del passato, delle radici storiche del Paese, San Paolo suscita molta curiosità: l’evangelizzatore delle genti è passato attraverso l’antica Illiria, della quale faceva parte l’Albania. Secondo la leggenda, ma anche attraverso riscontri storici abbastanza convincenti, ha anche consacrato il primo vescovo di Durazzo, San Cesare martire.

 
D. – La Chiesa in Albania ha vissuto anni difficili, di persecuzione, a causa del regime comunista. C’è oggi la volontà di evangelizzare nuovamente sull’esempio di San Paolo?

 
R. – Sì certamente. Devo dire che io ho una lettura positiva della devastazione che il comunismo ha lasciato dietro di sé. In qualche modo ci ha lasciato un Paese spiritualmente arido ma con un’aridità che non vuole rimanere tale. C’è, dunque, proprio il desiderio della “pioggia” in questo deserto spirituale del Paese e, sicuramente, è da cogliere l’opportunità di proporre la riflessione paolina, già accolta da parte della Chiesa, ma forse con maggiore slancio rispetto ad adesso.

 
D. – A San Paolo si riferiva anche Madre Teresa di Calcutta, albanese di nascita. Una suora che era speranza per la Chiesa d’Albania, sofferente a seguito del regime comunista...

 
R. – Madre Teresa e San Paolo rimangono due figure di riferimento. Madre Teresa ha sofferto e subito l’ingiustizia di rimanere fuori del suo Paese per tantissimi anni durante il comunismo, e sicuramente ha trovato forza in San Paolo, nell’apostolo che ha accettato con gioia le persecuzioni per Cristo. Lei ha anche dato l’esempio all’Albania: sotto la persecuzione, infatti, il cuore del cristiano può aprirsi anche in modo più fruttuoso alla grazia di Dio.

 
D. – Il sangue dei martiri albanesi è stato effettivamente seme di nuovi cristiani...

 
R. – Sì, sicuramente. Io ho sperimentato, e tutti in Albania lo abbiamo fatto, la gioia di una corsa verso la Chiesa. Una volta entrati è stato un arricchimento verso la vita spirituale proficua e valida sia per loro che per gli altri. Sono migliaia e migliaia le persone che hanno scoperto il battesimo, che hanno scoperto la bellezza della comunità. E sicuramente è frutto del sangue dei martiri albanesi, i quali nel silenzio sono stati testimoni validi della coerenza che il Vangelo di Cristo immette nel cuore dell’uomo. Coerenza è quella virtù della quale ha molto bisogno il mondo di oggi, soprattutto i giovani, per cui i frutti di questo seme piantato attraverso il martirio di molti sacerdoti e di alcuni laici si vede adesso nelle comunità giovanili delle chiese albanesi.







All the contents on this site are copyrighted ©.