2008-10-24 15:19:12

Il Messaggio del Sinodo: la Parola di Dio sia sempre più amata e conosciuta nel mondo! Il grazie agli esegeti, ai catechisti e ai martiri


Una lettura sinfonica a più voci: così è stato presentato stamani, nell’Aula del Sinodo, il Messaggio conclusivo della XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio. A presentare il testo, è stato mons. Gianfranco Ravasi, presidente della Commissione per il Messaggio dell’assise, che si è alternato nella lettura del documento con altri quattro Padri sinodali. Il Messaggio, pronunciato in italiano, inglese, spagnolo, francese e tedesco, invita ad amare e conoscere sempre di più la Parola di Dio. Ce ne parla Isabella Piro:RealAudioMP3

Un messaggio performativo, un appello caloroso, perché alla Bibbia ci si accosta non solo con il rigore dell’esegesi, ma anche con il cuore: così mons. Ravasi ha presentato il Messaggio. Un testo che è suddiviso in quattro parti, ognuna corrispondente ad una “declinazione della Parola di Dio”: la sua voce, ovvero la Rivelazione; il suo volto, ossia Gesù Cristo; la sua Casa, quindi la Chiesa e le sue strade, ovvero la missione. Quattro tappe, ha detto il presule, che dall’eterno e dall’infinito ci conducono fino alle nostre case e alle nostre città.

 
Nelle prime due, il documento ricorda l’importanza della Parola divina efficace, creatrice e salvatrice, in principio all’essere e alla storia, alla creazione e alla redenzione. Ma anche la forza della Parola che si è fatta carne, che entra nello spazio e nel tempo ed assume un volto umano, Gesù Cristo. Proprio per questo, allora, l’approdo alla Bibbia avviene nell’incontro con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte. Importante, quindi, ribadire l’impegno a non cadere nel fondamentalismo esegetico che nega l’incarnazione della Parola divina nella storia. Quel fondamentalismo, ha detto mons. Ravasi nella conferenza stampa tenuta al termine della mattinata, che spesso pensa di aver imprigionato la verità nelle singole parole ed ha paura di scoprire la Parola al di là di esse. Davanti ai giornalisti, il presule ha anche auspicato che le singole Conferenze episcopali del mondo, in base alle singole realtà del sistema didattico, aiutino a diffondere la Bibbia nelle scuole.

 
Poi, nelle pagine dedicate alla missione, l’accento viene posto sulla famiglia, intesa come spazio fondamentale in cui far entrare la Parola di Dio, e in cui le nuove generazioni dovranno essere destinatarie di un’appropriata pedagogia che li conduca a provare il fascino di Cristo. E lo sguardo si sposta anche nei “bassifondi del mondo”, dove si annidano sofferenze e povertà, umiliazioni e oppressioni, emarginazioni e miserie, malattie e solitudini. Di fronte a tutto questo – si legge nel documento – il cristiano ha la missione di annunciare la parola divina di speranza, attraverso la vicinanza amorosa che non giudica, ma che sostiene, illumina, conforta e perdona.

 
Quindi, l’importanza del dialogo e dell’incontro con il popolo ebraico e con l’Islam: al primo - si legge nel Messaggio- il cristianesimo è legato dal comune riconoscimento e amore per l’Antico Testamento, mentre il secondo offre la testimonianza di una fede sincera nel Dio unico, compassionevole e misericordioso. E una menzione va anche al buddismo e al confucianesimo: anche verso di loro – scrive il Messaggio - il cristiano trovi sintonie comuni basate sul rispetto della vita, il silenzio, la semplicità, il sacrificio. Senza dimenticare i non credenti, che si sforzano di praticare la giustizia e di amare la bontà: a loro va offerta la testimonianza genuina degli orizzonti di verità e amore rivelati dalla Parola di Dio.

 
Centrali, invece, nella parte dedicata alla Chiesa, il valore delle omelie e del cammino ecumenico. Ascoltiamo mons. Gianfranco Ravasi:

 
R. – Abbiamo voluto sostanzialmente evocare un passo degli Atti degli Apostoli il quale ricorda che nella casa della Parola in Gerusalemme si avevano questi elementi: da un lato, la catechesi, la “didachè”, insegnamento della Parola, c’era la frazione del pane, cioè l’Eucaristia, c’era la preghiera con la Parola di Dio – pensiamo ai Salmi, per esempio – e c’era poi, alla fine, la comunione all’interno della comunità. Ecco, se vogliamo porre l’accento sull’insegnamento, ora dobbiamo dire che fondamentalmente l’insegnamento principale della Bibbia che i nostri fedeli ricevono è proprio nell’interno dell’omelia, e l’omelia ha la caratteristica di essere nell’interno dell’Eucaristia. Quindi, abbiamo l’intreccio tra questi due elementi fondamentali che anche il Concilio Vaticano II sottolineava dicendo: “C’è un’unica mensa a cui noi ci accostiamo con i fedeli ogni domenica e su questa mensa c’è la Parola di Dio, il pane della Parola, il Pane del Corpo di Cristo”. L’altra realtà che abbiamo voluto evocare è che nell’interno di questa Chiesa, anche se non in maniera piena, sono presenti però anche i nostri fratelli ortodossi e protestanti i quali, nei confronti della Parola hanno una profonda venerazione, un profondo rispetto, anzi: la mettono al centro della loro fede e della loro esistenza, come è per noi. Ed è per questo motivo che possiamo dire che una prima, reale unità viene proprio effettuata lì, in attesa dell’unità piena, attorno alla Parola di Dio.

 
D. – Il messaggio contiene anche dei ringraziamenti. A chi, in particolare?

 
R. – I ringraziamenti vengono rivolti in particolare a tre generi diversi di persone. Prima di tutto, si ringraziano gli studiosi della Parola di Dio, quindi esegeti, teologi che permettono di scavare nella dimensione letteraria, storica della Parola, perché è una Parola incarnata come Cristo, Verbo di Dio eterno e infinito, incarnato nella storia dell’Uomo. Quindi, un riconoscimento della funzione che hanno anche coloro che insegnano la conoscenza della Bibbia. Ma soprattutto, il ringraziamento va ai catechisti – e qui noi pensiamo in maniera particolare ai Paesi di certi settori del mondo, in cui la carenza estrema di presbiteri e di sacerdoti fa sì che i catechisti siano i veri annunciatori della Parola: lo sono i genitori, secondo il Concilio Vaticano II, per primi, ma dobbiamo dire che proprio nell’interno delle comunità ecclesiali sono i catechisti la grande energia che permette che la Parola cammini ancora per le strade del mondo. Un vescovo mi diceva che lui, per esempio, nella sua diocesi dell’America Latina aveva 16 preti e 1.200 catechisti, il che vuol dire che la Parola passava proprio attraverso questa testimonianza. E da ultimo, un ringraziamento va anche ai martiri della Parola, a tutti coloro che in passato soprattutto, ma ancora ai nostri giorni, per fedeltà e coerenza a questa Parola che hanno ascoltato sono pronti a dare non soltanto la loro sofferenza, ma alcune volte anche la loro stessa vita.

 
D. – Il messaggio fa anche riferimento all’uso di nuove tecnologie per diffondere la Parola di Dio, anche con particolare attenzione ai giovani e ai bambini …

 
R. – Forse uno dei problemi più ardui da affrontare nella cultura contemporanea è proprio quello del linguaggio, ed è per questo motivo che dobbiamo sottolineare – e questo messaggio lo fa – che le vie, ora, le strade della Parola non sono soltanto quelle dei missionari, non sono quelle che noi cristiani dobbiamo fare con la nostra testimonianza entrando nelle strade delle nostre città, ma sono anche – e tante volte dovremmo dire “soprattutto” – le vie virtuali, le vie informatiche, la necessità di far sì che la Parola di Dio possa essere riproposta in televisione, possa avere ancora tutta la sua forza attraverso la ricchezza dei suoi simboli, attraverso lo splendore delle parabole, attraverso le sue narrazioni che contengono un profondo e universale messaggio, che soprattutto danno all’umanità la possibilità di rispondere alle domande ultime e fondamentali dell’esistenza. D’altra parte, dobbiamo ricordare che il problema del linguaggio diventa capitale non solo perché questo è un nuovo linguaggio, quello virtuale, quello della comunicazione televisiva, ma diventa fondamentale perché nell’ambito delle stesse giovani generazioni il linguaggio è profondamente mutato. La riduzione dell’uso dei vocaboli stessi nella comunicazione, il ricorso ad alcuni vocaboli fissi, la diversa semplificazione che si ha della realtà esige quindi una comunicazione che diventa sempre più ardua da trascrivere, soprattutto per il giovane e anche per il bambino. Per questo è importante ripensare, studiare, accuratamente da parte delle comunità ecclesiali una catechesi, una comunicazione per i giovani e per i bambini.

 
D. – E’ stato definito un messaggio entusiasmante e anche pieno di pathos...

 
R. – Ecco, abbiamo voluto – sì – conservare anche questa dimensione – come si suol dire – performativa, cioè non solo dare delle informazioni sulla Bibbia ma anche esprimerle in maniera appassionata, convincente: io, proprio in assemblea sinodale, ho ricordato questa frase del filosofo danese dell’Ottocento, Soren Kierkegaard, il quale diceva che noi dovremmo più considerare la Bibbia come una lettera che l’innamorato riceve, scritta dalla sua amata, perché manifesta il cuore di Dio. E questa era anche l’idea che aveva lo stesso San Gregorio Magno quando, scrivendo al medico dell’Imperatore Teodoro, diceva: “La Bibbia ci insegna a conoscere il cuore di Dio”. E’ necessario perciò non soltanto la finezza teologica, il rigore esegetico, è necessario avere anche una sintonia di passione, di sentimento, di volontà, di adesione che fiorisca, sbocci dal cuore.







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