2008-10-23 16:39:18

Le celebrazioni dell'anniversario della mediazione di Giovanni Paolo II nel conflitto tra Cile e Argentina


Oltre alle commemorazioni che stanno preparando gli episcopati di Cile e Argentina per ricordare, a dicembre, il trentesimo anniversario dell'inizio della mediazione di Giovanni Paolo II nel conflitto fra queste due nazioni per la sovranità su tre piccole isole nel Canale di Beagle, lunedì scorso a Buenos Aires sono state annunciate anche le iniziative dei governi. Durante una conferenza stampa seguita all’incontro di lavoro con la sua collega argentina Cristiana Fernández de Kirchner, la presidente del Cile Michelle Bachelet ha confermato che il 4 e 5 dicembre nella città di Punta Arenas, oltre 3mila chilometri a sud di Santiago e nei pressi della zona controversa, sarà ricordato il Trattato di pace, amicizia e collaborazione che scaturì dall’accettazione da parte dei governi cileno e argentino della proposta della Santa Sede dopo cinque anni di delicato lavoro. Una soluzione sostanzialmente ideata dal mediatore, cardinale Antonio Samoré, scomparso prima della fine dei negoziati nonché dall’allora segretario di Stato cardinale Agostino Casaroli. In quest’occasione, con un’apposita dichiarazione, saranno rinnovati i successi del Trattato internazionale firmato il 29 novembre 1984 e ratificato con il solenne scambio degli strumenti in Vaticano il 2 maggio 1985. Questa commemorazione non solo ricorderà il terribile pericolo scongiurato grazie all’opera di Giovanni Paolo II che evitò una guerra fratricida tra due eserciti potenti e ben armati, ma soprattutto farà luce sui tanti frutti che la pace e l’amicizia hanno dato ai due popoli in questi anni di integrazione e collaborazione, a dimostrazione di quanto già, in una lettera ai vescovi delle due nazioni, scriveva Giovanni Paolo I il 20 settembre 1978. “Occorre far prevalere le ragioni della concordia – sottolineava - su quelle dell’odio e della divisione che lasciano dietro solo tracce di distruzione”. Successivamente i governi dell’epoca chiesero una mediazione al nuovo Papa Giovanni Paolo II, sotto la pressante richiesta degli episcopati e delle angosciate opinioni pubbliche dei due Paesi che vedevano l’avvicinarsi vertiginoso di un scontro armato. Giovanni Paolo II, nel 1987 a Montevideo, tre anni dopo la firma degli accordi di pace disse: “Oggi ringraziamo con fervore Dio, e ci rallegriamo tutti, perché, invece di ricorrere alla forza distruttrice delle armi, i responsabili di quei due popoli hanno avuto la grandezza d’animo di scegliere il dialogo e il negoziato, decisi a superare le tensioni secondo criteri di equità e, al di sopra di tutto, a garantire la pace”. Papa Wojtyla in quella storica circostanza aggiunse alcune riflessioni che sono quelle più adatte a definire il senso delle prossime celebrazioni: “È stata quella una scelta aperta e decisa, volta a ricercare soluzioni non violente ai conflitti internazionali e che onora coloro che ne furono protagonisti. È stata una lezione pratica e convincente – continuava - che gli uomini e le nazioni, se davvero lo vogliono, possono convivere in pace, facendo prevalere la forza della ragione sulle ragioni della forza. È stata la conferma che la storia non è retta da impulsi ciechi, ma che dipende piuttosto, nel suo divenire, dalle decisioni giuste e responsabili adottate liberamente dagli uomini. Di conseguenza la guerra non è qualcosa di fatale e inevitabile”. Giorni fa, Benedetto XVI in un messaggio in occasione della Giornata commemorativa svoltasi presso l’Università Cattolica Argentina, riprendeva il medesimo pensiero dicendo che “la mediazione continua ad essere un paradigma da proporre all’attenzione della Comunità internazionale. Essa ha dimostrato, insieme alla pazienza e alla responsabilità delle parti, come in ogni controversia il dialogo non pregiudica i diritti e amplia invece il campo delle possibilità ragionevoli di composizione delle divergenze”. (A cura di Luis Badilla)







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