Violenze e fughe di civili dal Nord Kivu: la testimonianza di un missionario salesiano
La regione congolese del Nord Kivu continua ad essere teatro di un conflitto feroce.
Nei giorni scorsi, la guerriglia guidata da Laurent Nkunda, con l’appoggio di milizie
rwandesi, ha conquistato una vasta zona alle porte del capoluogo Goma. I combattimenti
incessanti hanno costretto migliaia di persone alla fuga e le violenze contro i civili,
da parte dei militari di entrambe le parti, sono quotidiane. Una situazione che ha
spinto lo stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a condannare ufficialmente
questa emergenze umanitaria. Sulla crisi Stefano Leszczynski ha intervistato
telefonicamente a Goma padre Mario Perez, missionario Salesiano e direttore
del Centro Don Bosco a Ngangi:
R. - Al momento,
ci sono degli scontri all’interno della regione, più o meno a 20-25 chilometri da
Goma, e questo vuol dire che in tutti i villaggi la gente è costretta a spostarsi
da una parte all’altra. Molti vivono in campi improvvisati, in campi profughi. Alcuni
sono nella zona governativa, e in quel caso i campi sono, bene o male, assistiti da
qualche organismo non governativo. Altri si trovano nei campi nella zona in mano ai
ribelli, e lì gli aiuti, la presenza delle ONG, arrivano con più difficoltà. Lì, la
gente prova ad andare sempre più lontano, di raggiungere dove pensa di poter ricevere
aiuti. La situazione è veramente drammatica perché adesso si dice addirittura che
a molta gente taglino le mani e che i ribelli reclutino anche i bambini.
D.
- Un’emergenza umanitaria che, tra l’altro, ha avuto forti ripercussioni anche sul
vostro Centro Don Bosco…
R. - Sì. Noi accogliamo
solitamente bambini in difficoltà, bambini di strada, bambini che vengono dalla prigione,
bambini separati dai genitori e adesso molti di loro vengono dalla parte nord della
città. Vengono da noi perché è l’unico posto vicino e grande dove possono ricevere
assistenza medica e qualcosa da mangiare, ma quasi tutti chiedono di poter studiare.
Noi abbiamo la possibilità di accogliere tra i mille ed i 1.500 bambini, ma in questo
momento sono più di 3 mila, e ne arrivano ogni giorno ancora.
D.
- Bambini che spesso portano i segni della guerra addosso …
R.
- C’è chi è scappato con la famiglia, chi ha sofferto direttamente le conseguenze
della guerra. Quello che sta vivendo questa gente sembra un genocidio lento, che però
sta portando via la vita a milioni di persone. Penso che sia una cosa importante da
far sapere.
D. - Si tratta di bambini che non hanno
mai conosciuto un Congo pacificato...
R. - E’ quasi
una quindicina d'anni che dura questa guerra, con momenti più intensi e momenti un
po’ più tranquilli, ma adesso, in questo periodo, la situazione è piuttosto grave.
D.
- Il lavoro missionario nel Paese è molto capillare. Ci sono delle difficoltà che
incontrate nel portare avanti la vostra opera?
R.
- La difficoltà è quella di riuscire a far fronte a tanti bisogni essenziali: l’assistenza
alimentare, l’assistenza medica e poi la scuola. Credo sia importante investire nelle
scuole: pur non sapendo nemmeno dove dormire, i ragazzi chiedono però di studiare.
Penso che per la Chiesa sia importante poter offrire loro questo servizio. E poi,
penso che una cosa importante sia anche il continuare a parlare nel nome di questa
gente, che a volte non ha più nemmeno la forza di gridare.