2008-10-22 15:49:40

Paesi donatori riuniti a Bruxelles per la ricostruzione della Georgia dopo la guerra con la Russia


Diverse istituzioni finanziarie mondiali e 67 delegazioni di Paesi si sono dati appuntamento oggi a Bruxelles per la conferenza internazionale in favore della ricostruzione della Georgia dopo la guerra contro la Russia. Il presidente della Commissione Europea, Barroso, ha promesso 500 milioni di euro. Il Giappone si è impegnato per oltre 159 milioni di eruo. Ora si attendendono le altre risposte. La somma più sostanziosa, più di 750 milioni di euro, dovrebbe essere stanziata dagli Stati Uniti. Si stima che servano circa 2,38 miliardi di euro per far ripartire l’economia del Paese Caucasico. Ai lavori non sono stati inviati rappresentanti russi. Ma quale significato ha questo incontro nella soluzione della crisi tra Mosca e Tbilisi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, esperto dell’area ex sovietica:RealAudioMP3  
R. – Certamente, può essere un primo passo verso un rilassamento della crisi internazionale, che era nata a causa della crisi specifica tra Georgia e Russia. E poi sottolineo un altro aspetto: l’economia e la popolazione georgiana hanno bisogno di aiuti, a maggior ragione dopo questa guerra devastante. Non bisogna dimenticare che la storia della Georgia indipendente, cioè dall’inizio degli anni ’90, è stata segnata da guerre civili distruttive, non solo in termini di vite umane, ma anche in termini di struttura sociale del Paese; bisogna anche dire che la politica condotta da Saakashvili in questi anni di presidenza non ha prodotto dei risultati folgoranti. La Georgia merita di essere aiutata a prescindere persino dalla guerra.
 
D. – Il fatto che non siano stati invitati i rappresentanti russi lascia intravedere un futuro di nuove difficoltà?
 
R. – Io credo che questo genere di difficoltà ci saranno nel breve, medio e lungo periodo. Naturalmente spero che non siano difficoltà che portino a conflitti armati. L’integrità territoriale della Georgia, il valore in cui si richiamano sicuramente gli Stati Uniti e anche l’Unione Europea, guidata da Sarkozy, di fatto non esiste più: l’Abkhazia non si sa bene cosa sia, ma certamente non è più Georgia. Stesso discorso vale per l’Ossezia del Sud. Quindi, questa è una realtà che la Georgia non è disposta ad accettare. Ha degli aiuti internazionali, politici, in questo senso, ma certamente la Russia non è disposta a fare passi indietro. Credo che le difficoltà politiche non siano certo terminate.
 
D. – Ricevere aiuti internazionali fa respirare l’economia, ma non rischia anche di far entrare la Georgia in una situazione di dipendenza da altri Paesi?
 
R. – Il rischio sicuramente c’è. Questo, però, è un tratto politico, economico dominante in molti Paesi che appartenevano al patto di Varsavia e che poi si sono resi indipendenti. Adesso questi Stati si sono resi indipendenti in senso politico, ma non in senso geografico perché sono Paesi che hanno dei confini molto estesi con la Russia. Hanno anche dei problemi economici concreti, pratici di relazione con la Russia. Il caso più emblematico è l’Ucraina che ha cercato di fare una politica antirussa, dipendendo però totalmente dalla Russia per i rifornimenti energetici e, in buona parte, per i rapporti commerciali. Questa è una realtà che tocca meno la Georgia, ma che comunque la riguarda. E' anche la chiave di volta delle difficoltà economiche e sociali che spesso hanno questi Paesi. Naturalmente, è molto difficile indicare soluzioni. Certamente, però, la geografia reclama i suoi diritti.







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