2008-10-21 14:09:26

Diplomazia e dialogo, validi mezzi per dirimere i conflitti e ristabilire la pace: lo afferma in un messaggio il Papa, a 30 anni dalla mediazione di Giovanni Paolo II nella crisi tra Argentina e Cile


Il ricorso alla diplomazia come metodo per riportare la distensione in situazioni di conflitto è un valore sempre necessario per il presente e il futuro del mondo: lo insegnano molti esempi del passato, uno dei quali fu offerto esattamente 30 anni fa anche da Giovanni Paolo II, nella mediazione tra Argentina e Cile. E’ il pensiero di Benedetto XVI contenuto in un suo messaggio indirizzato ai partecipanti alle Giornate sui frutti della pace, organizzate dall’Università Cattolica Argentina. Ce ne parla Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Lennox, Nueva, Picton. Per il possesso di queste tre isole, situate a ridosso della Terra del Fuoco, 30 anni fa Argentina e Cile si spinsero fin sull’orlo di una guerra. Situate nella parte meridionale del Canale di Beagle, che unisce l’Oceano Atlantico al Pacifico - sulla linea di confine all’estremo sud fra i due Stati latinoamericani - questi tre lembi di terra furono al centro di una disputa sempre più drammatica, contrapponendo due Paesi che condividono 5 mila chilometri di frontiera. Se dalla possibile voce dei cannoni si passò a quella dei negoziatori, e poi a formali accordi di pace, lo si deve a Giovanni Paolo II. Eletto Pontefice da pochissimi mesi, Papa Wojtyla si interessò personalmente della crisi, inviando sul posto un suo rappresentante speciale, il cardinale Antonio Samoré. Il lungo confronto diplomatico che seguì sfociò, nel 1984, nella firma, in Vaticano, del Trattato di Pace ed Amicizia tra Cile e Argentina.

 
Quello di trent’anni fa fu “un esempio ammirevole di costruzione della pace attraverso la via maestra e sempre attuale del dialogo”. Sono le parole - riferite dall’agenzia Zenit - con le quali Benedetto XVI ha voluto ricordare e celebrare l’iniziativa diplomatica intrapresa da Giovanni Paolo II, insieme con l’allora cardinale segretario di Stato, Agostino Casaroli. Ciò che fu fatto allora, scrive il Papa, è utile per “richiamare l'attenzione della comunità internazionale” sul fatto che, all’interno in una disputa, il dialogo non pregiudica i diritti, ma anzi amplia “il campo delle possibilità ragionevoli per risolvere le divergenze”, pure accanto - riconosce il Papa - “alla pazienza e alla responsabilità delle parti implicate”. Quella mediazione pontificia, prosegue Benedetto XVI, ha prodotto frutti di pace “fino ai giorni nostri”, dimostrando la necessità - già sostenuta allora da Papa Wojtyla - di “continuare a ricorrere alla diplomazia e ai suoi metodi di negoziato per garantire la pace, la sicurezza e il benessere”, in vista della costruzione di quella “civiltà dell’amore della quale - rileva il Pontefice - Giovanni Paolo II fu profeta, anche se non sempre ascoltato”.

 
Il dialogo, dunque, conclude Benedetto XVI, ha “come scopo non la supremazia della forza e dell'interesse, ma l'affermazione di una giustizia equanime e solidale, fondamento sicuro e stabile della convivenza tra i popoli”.







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