Nel pomeriggio il Rosario presieduto da Benedetto XVI nel Santuario di Pompei: intervista
con padre De Fiores
Questo pomeriggio alle 17.00, Benedetto XVI guiderà nel Santuario la preghiera del
Rosario e terrà una meditazione. Il rito sarà seguito in diretta dalla nostra emittente.
Saranno presenti in particolare i sacerdoti della Prelatura e le Suore Domenicane
Figlie del Santo Rosario di Pompei, congregazione fondata dal Beato Bartolo Longo.
Al termine della preghiera, verso le 18.00, il Papa farà rientro, sempre in elicottero,
in Vaticano, dove l’arrivo è previsto per le 19.00. Ma sulla primavera che sta vivendo
oggi il Rosario, come ha ricordato più volte Benedetto XVI, ascoltiamo, al microfono
di Sergio Centofanti, la riflessione del padre monfortano Stefano De Fiores:
R. – Dobbiamo
a Giovanni Paolo II questo rinnovamento del Rosario attraverso la sua Lettera apostolica
Rosarium Virginis Mariae, dove richiama il contenuto essenziale del Rosario che è
una contemplazione dei misteri di Cristo, con il cuore di Maria, quindi è tutt’altro
che solo una pratica devozionale: è qualche cosa che incide per il profondo legame
che ha con la liturgia e quindi anche con la Parola di Dio.
D.
– Ecco: il Rosario è detto “Compendio del Vangelo”…
R.
- … proprio perché i misteri della vita di Cristo passano sotto gli occhi di chi prega
come in una sequenza – potremmo dire – “cinematografica”, per cui il cuore è fissato
su quei misteri da cui scaturisce la nostra salvezza. Noi, contemplando, per esempio,
la nascita di Gesù non possiamo che ricevere messaggi di gioia e di pace. Per questo
Giovanni Paolo II ha affidato due intenzioni molto grandi al Rosario: la pace e la
famiglia.
D. – Come pregare con il Rosario?
R.
– Il Rosario ha un corpo e un’anima. Il corpo è la recita – diciamo – vocale; l’anima
è la meditazione del Rosario. Quindi, un Rosario senza meditazione, un Rosario solamente
come recita meccanica di preghiere, non ha valore religioso e – come diceva Luigi
Maria Grignion de Montfort – è come un corpo senza anima.
D.
– Alcuni trovano questa preghiera un po’ meccanica e ripetitiva, e trovano qualche
difficoltà …
R. – La ripetizione fa parte del Rosario,
è una sua caratteristica, perché l’unico modo, per noi, di assimilare una verità è
quella di meditarci sopra, di ritornarci sopra, di ripetere. La ripetizione non è
un esercizio meccanico, ma è un modo per assimilare – oggi diremmo: metabolizzare
– il messaggio che viene dal Rosario, appunto attraverso la ripetizione delle parole.
Anche se – come dice ancora il Papa – noi troviamo in questa ripetizione un esercizio
di amore, perché quando uno ama, ama ripetere anche le stesse parole.
D.
– Giovanni Paolo II invitava ad un ritmo tranquillo della preghiera del Rosario, che
porta la pace nel cuore, diceva …
R. – Sì, questo
appartiene alla contemplazione. Per noi, è sempre uno sforzo perché sembra che, neanche
a fare apposta, mentre ci apprestiamo a recitare il Rosario, vengono fuori tutte le
nostre distrazioni. In quel momento non dobbiamo perdere la pace ma dobbiamo ritornare
al mistero soprattutto se l’Ave Maria finisce con la clausola cristologica, che è
molto importante per il richiamo al mistero che si celebra, al mistero che si sta
meditando. E dobbiamo anche dire una cosa, che il Rosario non è una pratica qualsiasi
ma è una preghiera unica, perché in tutta la spiritualità occidentale non troviamo
un’altra forma di preghiera che ci faccia meditare quei misteri che la Bibbia proclama,
la liturgia celebra e il Rosario – appunto – medita e personalizza. Quindi è di grande
importanza il Rosario proprio per realizzare nella vita il mistero che celebriamo
nella liturgia e che Gesù, insieme con Maria, ha realizzato nell’arco della sua vita
terrena.
D. – Il Rosario, preghiera di contemplazione
che porta all’azione: noi vediamo infatti che dalla preghiera del Rosario è sbocciata
a Pompei una vera cittadella della carità …
R. –
Eh sì, qui c’è veramente un grande legame tra la carità e la meditazione del Rosario.
La meditazione del Rosario sfocia in opere di carità come dimostra tutta l’esperienza
del Beato Bartolo Longo che un po’ alla volta ha capito la forza del Rosario e si
è battuto per renderla una preghiera sempre più universale e i frutti non sono mancati.
Lui ha sentito vivamente l’ansia di riscattare gli ultimi, soprattutto gli orfani
dei carcerati, sfatando anche i pregiudizi che li marchiavano come delinquenti nati.
Bartolo Longo ha combattuto proprio queste idee mostrando come questi ragazzi, educati
cristianamente, umanamente, sono poi diventati degli ottimi padri di famiglia che
hanno lasciato un buon esempio.
D. – Nella mentalità
odierna, però, il Rosario è visto spesso come una preghiera per suore e vecchiette
…
R. – Sì, perché non si è capito il nucleo fondamentale
del Rosario. E’ una preghiera meravigliosa, una preghiera con i suoi silenzi, con
la proclamazione della Parola di Dio, con la meditazione. Non ci si rende veramente
conto di quello che voleva appunto Giovanni Paolo II: far risplendere il Rosario ancora
nella Chiesa, non come una preghiera per quelli che non hanno niente da fare, ma una
preghiera del cristiano che viene aiutato ad assimilare nella propria vita quei misteri
da cui è dipesa la redenzione dell’umanità, dall’Annunciazione fino alla Glorificazione
finale della Vergine.
D. – Cosa direbbe per invitare
i fedeli a pregare con il Rosario?
R. – La cosa migliore
è quella di sperimentare il Rosario per ritrovare questo spazio di contemplazione
nell’ambito della nostra vita così spesso movimentata e intensa.
Bartolo
Longo ha fondato a Pompei una vera e propria cittadella della carità, con centri per
orfani, figli di carcerati, giovani disagiati, donne in difficoltà. Ascoltiamo l’esperienza
di suor Maria Neve, responsabile di alcune di queste opere sociali nate sulla
scia del Rosario. L’intervista è di Sergio Centofanti:
R. – La mia
esperienza è quella di vedere sul volto di questi bambini, quando ci vengono affidati,
anche le stesse ragazze madri, o mamme già con qualche bambino in difficoltà, e notare
in loro tanta tristezza, tanta solitudine e tanta paura. E poi, nel momento in cui
arrivano nella nostra struttura, noi siamo solamente dei canali, dei mezzi, ma chi
opera è la Madonna e il beato Bartolo Longo. E quindi, loro riescono a ritrovare pace,
serenità.
D. – Quale messaggio vuole dare Pompei
al mondo intero?
R. – Penso che sia quello dell’amore,
perché se ci manteniamo uniti a Maria, attraverso la preghiera del rosario, che non
è altro che la contemplazione dell’amore tra Lei e il suo Figlio, della vita di Gesù,
noi ci impegniamo sul loro esempio, nonostante tutte le difficoltà. Se abbiamo Maria
– diceva Bartolo Longo – con la corona tra le mani e con l’Eucaristia nel cuore, noi
faremo cose grandi.