2008-10-15 15:42:52

Allarme della Caritas: 15 milioni di persone a rischio povertà in Italia


Sono 7 milioni e mezzo gli italiani che vivono al di sotto della povertà relativa, altrettanti sono da considerarsi indigenti. Gli italiani poveri sono quindi circa 15milioni. E’ la stima di Caritas italiana che ieri assieme alla fondazione Zancan ha presentato l’ottavo rapporto su emarginazione ed esclusione sociale, dal titolo “Ripartire dai poveri”. Servizio di Francesca Sabatinelli.RealAudioMP3

Il 13% della popolazione italiana sopravvive con meno di 500-600 euro al mese, accanto a questi poveri, ci sono i quasi poveri, persone al di sopra della soglia di povertà per una somma non superiore ai 15 euro al mese. Il rapporto Caritas Fondazione Zancan mette l’Italia di fronte ad una gravissima emergenza: il Paese presenta una delle più alte percentuali di popolazione a rischio povertà in Europa, insieme a Grecia e Ungheria è l’unico Paese non dotato di misure basilari di intervento contro la povertà. Persone non autosufficienti e famiglie con figli sono le due fasce maggiormente in difficoltà, chiarisce il rapporto, che sottolinea come fino ad oggi le politiche non siano mai partite dalla persona, né tantomeno abbiano applicato il principio di equità sociale e di universalismo selettivo. Basta agli interventi a pioggia, si ribadisce, basta all’assistenza erogata a livello centrale piuttosto che a livello locale, si deve affrontare con urgenza il passaggio da trasferimenti monetari a servizi. Nel rapporto si spiega anche come sia possibile rispondere ai problemi della povertà senza aumentare la spesa complessiva per la protezione sociale, ma riallocando una parte delle risorse destinate alla spesa sociale, prendendo in particolare in esame la spesa per indennità di accompagnamento e la spesa per assegni sociali. Di fronte alle montagne di soldi pubblici che in questi giorni sono stati utilizzati per risollevare la finanzia mondiale, ci si chiede dunque, perché non fare altrettanto per soccorrere chi lotta quotidianamente per sopravvivere all’indigenza e alla precarietà. L’Italia, spiegano Caritas e Fondazione Zancan, ha bisogno di un piano nazionale strutturato e permanente. Ascoltiamo mons. Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Cancan:

 
R. – Difficile dire che la nostra società politica, sociale, abbia impostato il proprio programma governativo con questa logica di ripartire dai poveri. Questo progetto fa parte anche dell’essenza della vita della Chiesa e dobbiamo dire che abbiamo avuto difficoltà anche noi ad attuare questo. Ci stiamo, però sforzando. Il discorso è che la povertà non è un problema di assistenza, ma è un problema di scelte politiche.

 
D. – Le politiche che vengono attuate e che sono nel programma del governo, secondo voi rispondono a ciò?

 
R. – Assolutamente no. Il provvedimento dell’ICI, per esempio, è stato quasi inesistente agli effetti di ridurre la povertà, perché ridurre l’ICI per i proprietari vuol dire che a noi interessa quel tipo di persone che hanno una proprietà di una casa e che il 20 per cento della popolazione che vive in affitto, e soprattutto quella parte del 20 per cento che non ha neanche i mezzi per pagare l’affitto, non ci interessa e, quindi, non gli diamo niente, ma diamo a quelli che già hanno. Va molto bene togliere la tassa dell’ICI - io sono contento per loro - ma questa non è una strategia di lotta alla povertà, perché i poveri sono stati ignorati.

 
D. – Il rapporto mette come condizione il fatto che si riparta dalla persona. Si è puntualizzato però come pur essendoci i soldi per salvare le grandi banche, la grande finanza, si dimentichino sempre le persone, come per i poveri non ci sia mai denaro...

 
R. – Indubbiamente, il modo con cui sta per essere affrontata questa grande crisi mondiale mette in discussione delle logiche. Il sistema liberista, capitalista non ha mai messo in discussione il fatto che lo Stato debba intervenire in maniera pesante sull’economia, per cui l’economia ha camminato con le sue leggi e ha portato anche a dei disastri, come abbiamo visto. Adesso ci si accorge di questo, dicendo che il governo deve intervenire per impedire che ci siano a cascata dei danni crescenti nei confronti della popolazione. Punto da verificare è che i poveri sono parte di questa società: ricevono dalla società quello di cui hanno bisogno per riuscire a realizzare il loro programma di vita? Riescono a far sentire la loro voce? La “Sollecitudo rei socialis” quando parla del bene comune dice che è il bene di tutti e di ciascuno, soltanto in questo caso è bene comune, di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo responsabili di tutti. Che il 13 per cento della popolazione non abbia il sufficiente per una vita dignitosa e non conti nelle grosse scelte politiche vuol dire che il cammino è da costruire. E ripartire vuol dire partire dalla Costituzione, dalle leggi che ci siamo dati. Guardiamoci allo specchio per vedere se siamo fedeli a questa Costituzione oppure no. Oppure dobbiamo dire con chiarezza che questo regime, cosiddetto democratico, non ci va più bene, perché democratico vuol dire governo di popolo e vuol dire che il popolo è fatto di tutti i cittadini e deve essere presente per tutti i cittadini.







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