Al Sinodo dei vescovi, intervento del Papa sul valore dell'esegesi biblica. Grande
emozione per le testimonianze sul dramma dei cristiani iracheni
La riflessione di Benedetto XVI sul valore dell’esegesi biblica è stata il momento
centrale, oggi, dei lavori del Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano, sul tema “La
Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. In particolare, il Santo
Padre ha fatto riferimento alla Dei Verbum, la Costituzione dogmatica sulla
Divina Rivelazione, uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II. In precedenza,
il ricordo della drammatica situazione vissuta della popolazione in Iraq aveva suscitato
profonda emozione in tutta l’Aula. Il servizio di Isabella Piro:
Mons. Faraj
Rahho, padre Raghid Ganni, altri due sacerdoti e sei giovani, ultime vittime delle
violenze in Iraq. I loro nomi sono stati letti con voce incrinata, stamani in Aula.
Nuovi martiri, così sono stati definiti, che oggi pregano per noi dal Cielo, morti
in un Paese torturato e insanguinato. Tocca ora ai credenti, si è detto, vivere la
Parola di Dio come una guida per perdonare. Ma cosa può fare, allora, il Sinodo? Ascoltiamo
il cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei:
"L’unica cosa che può fare è parlare con i responsabili che
possono dare la pace e la tranquillità al Paese. Tutti coloro che possono fare qualcosa,
ma tutti possono con la preghiera, e anche con le parole, con i responsabili dei singoli
governi". Dal Vietnam, invece, arrivano segnali di speranza:
in un Paese con un elevato numero di aborti, è ora tollerato che i cattolici battezzino
i feti abortiti e li seppelliscano. Segno, si è detto, che grazie alla Parola di Dio
testimoniata concretamente si arriva al rispetto della vita. Quindi,
il cardinale segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, è tornato a parlare dei
giovani. Attualmente, solo il 13% degli adolescenti credenti reputano di dovere meditare
la Bibbia, ma il porporato ha sottolineato che, pur essendo indifferenti alla Parola
Scritta, i ragazzi di oggi sono pronti e disponibili ad accogliere la testimonianza
viva di adulti ed educatori che mettano in pratica il Verbo di Dio nella vita quotidiana.
Di qui, l’invito dei padri sinodali a seguire l’esempio dei
Santi, imitatori di Cristo, che hanno compreso le Beatitudini come essenza del Vangelo
e ritratto stesso di Gesù. Doverosa, allora, la citazione di Suor Alfonsa Muttathypadathu,
la prima Santa indiana canonizzata domenica scorsa, che ha vissuto la sua personale
“Via Crucis”, facendo diventare carne e sangue le parole del Figlio di Dio. A
chiudere la mattinata, infine, l’audizione 37 uditori partecipanti al Sinodo. In molti
dei loro interventi, spesso interrotti dagli applausi, è risuonato l’accento sull’importanza
del ruolo dei catechisti, la cui formazione nella Parola di Dio deve trasformare la
vita di chi la ascolta e renderlo suo testimone. Fede e Vita, quindi - questo è stato
l’auspicio degli uditori - devono essere integrate, così che Dio e la felicità non
siano percepiti come disgiunti, soprattutto nelle giovani generazioni. Infine, una
riflessione sulle donne consacrate, definite infaticabili dispensatrici della Parola
con mani e cuore di madri, volto e grembo della Chiesa. E tra
gli uditori intervenuti, anche il prof. Andrea Riccardi, fondatore
della Comunità di Sant’Egidio, che ha ricordato come evangelizzare non sia una tecnica,
ma un traboccare della Parola di Dio. Ascoltiamo, dunque, una sua riflessione sul
Sinodo in corso: R. - E’ un Sinodo che vuole prendere in mano
la Parola di Dio e chiedersi cosa significhi questo per il popolo cristiano. Lei sa
che la comunità di Sant’Egidio vive a partire dal primato della Parola di Dio che
ascolta ogni sera, che guida la carità, che porta nel cuore dell’Eucaristia. Ebbene,
io credo, spero, che questo Sinodo possa essere l’inizio di una stagione nuova nella
quale il popolo di Dio crescerà e farà crescere in sé la Parola di Dio. Dobbiamo avere
fiducia in Dio che ci parla perché è la fede in Gesù, perché la Parola di Dio è parola
di Gesù e incontro con la sua Persona. D. - La Comunità di Sant’Egidio
è sempre stata molto impegnata sulla via del dialogo interreligioso. Cosa ha rappresentato
per voi vedere il rabbino capo di Haifa, Cohen, parlare per la prima volta ai Padri
sinodali? R. - Il rabbino Cohen è un amico che noi conosciamo
da tanti incontri, ed era giusto che echeggiasse la voce di un ebreo qui, parlando
della Parola di Dio. Noi abbiamo in comune il primo Testamento con loro e abbiamo
in comune la radice della nostra fede. Il dialogo interreligioso è la carità, è il
vivere insieme agli altri in un mondo difficile. La Parola di Dio farà crescere, farà
traboccare dai cuore la carità e il vivere con gli altri. D.
- Si è parlato anche di globalizzazione e delle sfide del secolarismo. La Comunità
di Sant’Egidio come risponde a queste sfide? R. - Il secolarismo
è nell’aria, il clima è un mondo uscito da Dio, dice Emile Poula. Si esce da Dio,
si trova se stessi, si trova l’abisso della paura della propria vita. E allora, bisogna
riproporre la parola di Dio, comunicare il Vangelo e far risorgere nel cuore quello
che in fondo - magari inconsapevolmente - ogni donna e ogni uomo cerca: una via che
li conduca al Signore. D. - Cosa auspica che venga fuori da
questo Sinodo? R. - Io auspicherei che alla Parola di Dio si
dia fiducia e si abbandonino le nostre comunità alla Parola di Dio perché sia Lui
a parlare.