Congresso sui diritti umani a Salamanca: l'intervento di mons. Crepaldi
Che visione della persona umana deve sostenere l'impegno a favore dei diritti umani?
Quali nuove sfide presuppone per i cristiani di oggi rispetto a quelli di sessant'anni
fa? Queste le domande poste da mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, durante il suo intervento all'inaugurazione
del congresso annuale dell'Istituto Superiore di Studi Europei e Diritti Umani dell'Università
Pontificia di Salamanca (UPSA), in Spagna, appena concluso. Per aprire l'incontro,
il segretario del dicastero Giustizia e Pace, che ha patrocinato questo congresso
su “I diritti umani in Europa a 60 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo”, ha intitolato il suo intervento “A sessant'anni dalla Dichiarazione dei
Diritti Umani”. Il presule ha ricordato che il Magistero della Chiesa, quando parla
di diritti umani, non dimentica mai di fondarli su Dio, e nemmeno di radicarli nella
legge naturale. La legge naturale non deve essere intesa in modo estatico, ma come
“un dialogo di Dio con l'uomo”. Secondo mons. Crepaldi, non c'è dubbio che “alcuni
diritti umani sono stati 'intravisti' anche solo dalla ragione e lo stesso San Paolo
afferma che anche i popoli che non conoscono Cristo hanno la luce della coscienza
intelligente che li guida verso il bene (Rom 2, 14-15)”. È anche vero, tuttavia, che
“senza un'anima religiosa i diritti umani, una volta considerati e anche riconosciuti
ufficialmente, perdono vigore, e sembra che l'umanità non abbia la forza morale per
mantenersi fedele”. Mons. Crepaldi ha risposto alla seconda domanda ricordando in
primo luogo che si può sostenere che i diritti umani richiedono un riferimento a Dio
citando il cardinale Joseph Ratzinger, che esortò i non credenti a vivere “come se
Dio esistesse”, proponendolo come vero criterio di laicità. “Se la laicità esclude
programmaticamente Dio, si trasforma in ideologia secolarista. Se invece comprende
e accetta che ha bisogno di Dio, almeno come ipotesi, si preserva dalle ideologie
e mantiene fermi i riferimenti ai diritti umani”. Il presule ha concluso il suo intervento,
riporta l'agenzia Zenit, sottolineando che uno Stato che si preoccupa della verità
e del bene non può essere relativista in materia religiosa. (V.V.)