India: i maosti rivendicano l’omicidio dello Swami, la scintilla da cui è partito
il pogrom contro i cristiani
Maoisti hanno ucciso lo Swami indù e il governo dell’Orissa ha nascosto le prove.
Le pesanti accuse - riprese dall'agenzia Asianews - arrivano da un leader maoista
che ha di nuovo rivendicato la morte di Swami Laxmanananda Saraswati, il cui assassinio
ha scatenato il pogrom contro i cristiani in Orissa. Egli afferma che gli autori dell’eccidio
hanno lasciato due lettere sul luogo del delitto, ma il governo ha taciuto per incolpare
i cristiani e lasciare che venissero uccisi “per scopi elettorali”. Lo Swami, uno
dei capi del gruppo radicale Vhp (Vishwa Hindu Parishad), è stato ucciso lo scorso
23 agosto nel suo ashram da un gruppo di armati. Da subito il VHP e altre organizzazioni
fondamentaliste hanno incolpato i cristiani anche se vi erano sospetti che gli autori
fossero dei maoisti. Ora il leader maoista Sabyasachi Panda rivendica la morte dello
Swami perché egli forzava i tribali a divenire indù. “Abbiamo ordinato la pena di
morte per lui” ha detto Panda da un rifugio segreto. Egli ha aggiunto che i killer
hanno lasciato due lettere, ma le autorità hanno nascosto le prove “per avere una
scusa e attaccare i cristiani”. Panda afferma anche che egli ha cercato di diffondere
la notizia della rivendicazione fra i giornali locali, ma essi si sono rifiutati di
pubblicarla. “Dopo le violenze del dicembre 2007 abbiamo minacciato di ucciderlo se
avesse continuato insieme ai suoi sostenitori a dare fastidio a tribali e dalit cristiani
per far loro cambiare religione”. Swami Laxamananda Saraswati e il VHP, da decenni
accusano le Chiese cristiane di convertire tribali e dalit con la forza, con l’inganno
e dietro promesse di vantaggi economici. La loro campagna anti-cristiana è appoggiata
da proprietari terrieri e commercianti, timorosi dell’emancipazione di dalit e tribali.
Le false accuse contro i cristiani hanno scatenato una serie di violenze che hanno
causato finora la morte di 61 persone, l’incendio di oltre 4 mila case di cristiani,
la distruzione di 181 chiese e cappelle e di 13 fra scuole e centri sociali. Molti
villaggi, soprattutto nel distretto di Kandhamal, sono ancora presi di mira. I radicali
indù minacciano di morte chiunque non si riconverte all’induismo. Secondo il leader
maoista, il Chief minister dell’Orissa, Naveen Patnaik, dovrebbe dimettersi immediatamente
per non aver difeso i cristiani e le loro proprietà. Anche le organizzazioni cristiane
in India denunciano l’inazione del governo dell’Orissa e di quello centrale. Ma essi
chiedono soprattutto la messa al bando delle organizzazioni indù radicali, accusate
di essere vere e proprie “organizzazioni terroriste”. (M.G.)