2008-10-07 15:39:19

India: i maosti rivendicano l’omicidio dello Swami, la scintilla da cui è partito il pogrom contro i cristiani


Maoisti hanno ucciso lo Swami indù e il governo dell’Orissa ha nascosto le prove. Le pesanti accuse - riprese dall'agenzia Asianews - arrivano da un leader maoista che ha di nuovo rivendicato la morte di Swami Laxmanananda Saraswati, il cui assassinio ha scatenato il pogrom contro i cristiani in Orissa. Egli afferma che gli autori dell’eccidio hanno lasciato due lettere sul luogo del delitto, ma il governo ha taciuto per incolpare i cristiani e lasciare che venissero uccisi “per scopi elettorali”. Lo Swami, uno dei capi del gruppo radicale Vhp (Vishwa Hindu Parishad), è stato ucciso lo scorso 23 agosto nel suo ashram da un gruppo di armati. Da subito il VHP e altre organizzazioni fondamentaliste hanno incolpato i cristiani anche se vi erano sospetti che gli autori fossero dei maoisti. Ora il leader maoista Sabyasachi Panda rivendica la morte dello Swami perché egli forzava i tribali a divenire indù. “Abbiamo ordinato la pena di morte per lui” ha detto Panda da un rifugio segreto. Egli ha aggiunto che i killer hanno lasciato due lettere, ma le autorità hanno nascosto le prove “per avere una scusa e attaccare i cristiani”. Panda afferma anche che egli ha cercato di diffondere la notizia della rivendicazione fra i giornali locali, ma essi si sono rifiutati di pubblicarla. “Dopo le violenze del dicembre 2007 abbiamo minacciato di ucciderlo se avesse continuato insieme ai suoi sostenitori a dare fastidio a tribali e dalit cristiani per far loro cambiare religione”. Swami Laxamananda Saraswati e il VHP, da decenni accusano le Chiese cristiane di convertire tribali e dalit con la forza, con l’inganno e dietro promesse di  vantaggi economici. La loro campagna anti-cristiana è appoggiata da proprietari terrieri e commercianti, timorosi dell’emancipazione di dalit e tribali. Le false accuse contro i cristiani hanno scatenato una serie di violenze che hanno causato finora la morte di 61 persone, l’incendio di oltre 4 mila case di cristiani, la distruzione di 181 chiese e cappelle e di 13 fra scuole e centri sociali. Molti villaggi, soprattutto nel distretto di Kandhamal, sono ancora presi di mira. I radicali indù minacciano di morte chiunque non si riconverte all’induismo. Secondo il leader maoista,  il Chief minister dell’Orissa, Naveen Patnaik, dovrebbe dimettersi immediatamente per non aver difeso i cristiani e le loro proprietà. Anche le organizzazioni cristiane in India denunciano l’inazione del governo dell’Orissa e di quello centrale. Ma essi chiedono soprattutto la messa al bando delle organizzazioni indù radicali, accusate di essere vere e proprie “organizzazioni terroriste”. (M.G.)







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