Il silenzio del mondo sulle persecuzioni anticristiane in India: intervista con padre
Cervellera
In India il dramma dei cristiani non si attenua: in migliaia continuano a cercare
rifugio dalle violenze nelle foreste mentre il mondo sta a guardare. Sulla situazione
nel Paese asiatico ascoltiamo il direttore di AsiaNews padre Bernardo Cervellera,
al microfono di Sergio Centofanti. R.
– La situazione in India è tragica: ogni giorno avvengono assassinii ed uccisioni
di persone costringendole a cambiare religione, cioè a lasciare il cristianesimo per
tornare all'induismo sotto la minaccia delle armi. Ci sono già molti martiri che hanno
proprio rifiutato di cambiare religione e sono stati uccisi. Poi ci sono tantissimi
sfollati, persone fuggitive che hanno avuto la loro casa distrutta e che vivono nelle
foreste dell’Orissa, con le malattie, senza cibo, senza cure: ci sono almeno 30 mila
persone. E poi ci sono persone nei campi di rifugio governativi ma dove però vengono,
anche lì, attaccati dai radicali indù. Quindi la situazione è veramente molto tragica
e in più c’è quasi un’ironia malvagia in tutto questo perché i radicali indù hanno
cominciato questo pogrom contro i cristiani, dicendo che i cristiani erano responsabili
di aver ucciso un loro leader. Invece, proprio in questi giorni, da parte del leader
maoista dell’Orissa, è venuta fuori la dichiarazione esplicita che sono stati loro
ad ammazzarlo, rivendicando appunto l’uccisione di questo leader. Quindi, tutta questa
carneficina, tutto questo sacrificio, è totalmente ingiusto.
D.
– Sabato scorso, durante la beatificazione di don Francesco Bonifacio, mons. Amato,
prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha denunciato l’indifferenza del
mondo di fronte alle persecuzioni anticristiane: “Si fanno campagne per la protezione
degli animali, ha detto, ma nessuna campagna è stata fatta in difesa dei cristiani
perseguitati”. Perché non si fa nulla?
R. – Io penso
che anzitutto c’è da dire che l’India spesso, il governo indiano - sia quello locale,
sia quello internazionale, sia quello centrale – ha fatto poco perché ha dei motivi
politici per non muoversi troppo perché si avvicinano le elezioni e quindi non si
vogliono perdere i voti del mondo indù, e quindi lasciano pure che vengano ammazzati
dei cristiani. Poi c’è soprattutto un’indifferenza da parte del resto della comunità
internazionale, dell’Occidente in particolare. Il problema è che, molto spesso, queste
violenze contro i cristiani, sono considerate delle cose molto secondarie. Cioè, la
libertà religiosa e quindi la vita dei cristiani, è considerata una cosa molto secondaria
rispetto al mercato, rispetto alla politica. Questo è quindi il problema. In realtà
succede che, siccome si sta eliminando Dio dall’Occidente, allora si pensa che anche
se ci sono queste comunità religiose che vengono massacrate non è importante perché
il mondo invece è fatto soltanto dal potere dei soldi e dell’economia.
D.
– Cosa possono fare i cristiani nel mondo?
R. – I
cristiani anzitutto, come dice la Lettera agli Ebrei, devono portare, devono condividere
le catene di coloro che sono imprigionati e quindi, devono condividere, in qualche
modo, la vita e la sorte di questi cristiani, pregando, aiutando, sostenendo ma anche
dibattendo, parlando. Perché il problema è questo: come diceva Giovanni Paolo II,
la libertà religiosa è una cartina di tornasole per tutti gli altri diritti umani.
Se non c’è la libertà religiosa, prima o poi non ci sarà né la libertà di mercato,
né la libertà di commercio, né una fraternità e solidarietà nel mondo, di cui oggi,
con questa crisi internazionale, avremmo tantissimo bisogno.