In Bolivia, falliscono i negoziati fra il governo centrale e i governatori delle province
ricche di gas naturale. Ieri, dopo le ultime dieci ore di negoziati tra il governo
del presidente Evo Morales e i nove governatori delle regioni, cinque di loro, a capo
delle cosiddette "province autonomiste", si sono rifiutati di firmare l'accordo conclusivo.
Il punto della situazione nel servizio di Luis Badilla:
Nella città
di Cochabamba, dove da diversi giorni prosegue la trattativa su pressante richiesta
del vertice dell'UNASUR (Unione delle Nazioni del Sudamerica), in pratica si è sancita
una nuova rottura tra Morales e i suoi principali oppositori. "Abbiamo dissentito
democraticamente e non è stato raggiunto nessun consenso", ha detto Mario Cossio,
governatore della provincia di Tarija ed esponente del Consiglio nazionale per la
democrazia che chiede maggiore autonomia per le province con il controllo sui proventi
della vendita del gas naturale di cui è ricca la Bolivia orientale. Diversa la versione
del ministro per lo Sviluppo Rurale, Carlos Romero, secondo il quale le due parti
hanno compiuto significativi progressi sulla questione dell'autonomia. "Non possono
dire che non vi sia stato alcun accordo - ha dichiarato - se dicono che non vi è consenso
fanno solo politica e non siamo interessati a questo". Intanto, come ormai accade
da oltre due anni, anche ieri il presidente della Conferenza episcopale boliviana,
il cardinale arcivescovo di Santa Cruz, Julio Terrazas, nella sua omelia domenicale
ha nuovamente chiamato l'intero Paese "al dialogo e alla ricerca onesta del consenso"
per sanare "le profonde ferite che ostacolano l'incontro tra i boliviani". Se "manca
il senso della condivisione", ha concluso il porporato, "al suo posto subentra la
violenza e l’odio e così non fallirà l’approvazione di questo e di quell’altro documento,
bensì la nazione intera, la sua convivenza e il suo futuro".