Benedetto XVI in apertura dei lavori sinodali: è la Parola di Dio la "roccia" sulla
quale fondare la nostra vita. Il crollo delle grandi banche dimostra la precarietà
del denaro e delle sicurezze umane
Solo la Parola di Dio dà alla vita umana quella “solidità” che non è possibile rintracciare
in nessun altro ambito: dalla carriera al denaro, come la recente crisi finanziaria
mondiale sta a dimostrare. E’ uno dei pensieri che ha caratterizzato questa mattina
la meditazione di Benedetto XVI sul Salmo 118, tenuta in apertura della prima Congregazione
generale del Sinodo sulla Parola di Dio in Vaticano. Ce ne parla Alessandro De
Carolis:
Essere
“realista”, per un credente, vuol dire ribaltare il significato che normalmente si
attribuisce a questa parola. Vuol dire scegliere di poggiare le basi della propria
esistenza sulla Parola di Dio - forte della sicurezza che viene dallo Spirito Santo
e per questo “stabile come e più del cielo” - oppure optare per le “sicurezze” temporali,
destinate prima o poi a franare come la sabbia sotto le fondamenta della casa evocata
da Gesù nel suo celebre Discorso della Montagna. Il salmo 118 ha offerto a Benedetto
XVI questo spunto di riflessione in avvio dei lavori sinodali. Parlando della “roccia”
degli insegnamenti della Bibbia, e del suo effimero contrario, il Papa ne ha spiegato
il senso confrontandolo con uno degli scenari dalla più stretta cronaca internazionale:
"Sulla
sabbia costruisce chi costruisce solo sulle cose visibili e tangibili, sul successo,
sulla carriera, sui soldi. Apparentemente queste sono le vere realtà. Ma tutto questo
un giorno passerà. Lo vediamo adesso nel crollo delle grandi banche: questi soldi
scompaiono, sono niente. E così tutte queste cose, che sembrano la vera realtà sulla
quale contare, sono realtà di secondo ordine. Chi costruisce la sua vita su queste
realtà, sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla
sabbia".
E’ invece la Parola di Dio, ha affermato...
"...la
vera realtà sulla quale basare la propria vita. Ricordiamoci della parola di Gesù
che continua questa parola del Salmo: 'Cieli e terra passeranno, la mia parola non
passerà mai'. Umanamente parlando, la parola, la nostra parola umana, è quasi un niente
nella realtà, un alito. Appena pronunciata, scompare. Sembra essere niente. Ma già
la parola umana ha un forza incredibile. Sono le parole che creano poi la storia,
sono le parole che danno forma ai pensieri, i pensieri dai quali viene la parola.
È la parola che forma la storia, la realtà. Ancor più la Parola di Dio è il fondamento
di tutto, è la vera realtà".
“Dobbiamo cambiare
il nostro concetto di realismo”, ha insistito Benedetto XVI. Per essere realisti,
ha detto, dobbiamo “cambiare la nostra idea” che la materia e le cose solide, che
si possono toccare “rappresentino la realtà più solida e più sicura”:
"Realista
è chi riconosce nella Parola di Dio, in questa realtà apparentemente così debole,
il fondamento di tutto. Realista è chi costruisce la sua vita su questo fondamento
che rimane in permanenza".
Commentando poi altri
versetti del Salmo, il Papa ha parlato anche del “rischio” che l’uomo, in quanto essere
“finito”, limitato, non riesca a trovare nelle parole “la” Parola di Dio:
"Questo
è un grande pericolo anche nella nostra lettura della Scrittura: ci fermiamo alle
parole umane, parole del passato, storia del passato, e non scopriamo il presente
nel passato, lo Spirito Santo che parla oggi a noi nelle parole del passato. Così
non entriamo nel movimento interiore della Parola, che in parole umane nasconde e
apre le parole divine. Perciò (...) dobbiamo essere in ricerca della Parola nelle
parole. Quindi l'esegesi, la vera lettura della Sacra Scrittura, non è solamente un
fenomeno letterario, non è soltanto la lettura di un testo (...) È muoversi verso
la Parola di Dio nelle parole umane".
Essa, ha
concluso Benedetto XVI, è “come una scala” per salire dalle parole umane alla Parola
di Dio e per scendere nelle sue profondità. E anche la Storia della salvezza, ha osservato,
“non è un piccolo accadimento che si iscrive in un povero pianeta nell’immensità dell’universo.
Non è una realtà minima che per caso avvenne in un pianeta sperduto, ma è il movente
di tutto e tutto è creato perché si realizzi la storia dell’incontro tra Dio e la
sua creatura”. La Chiesa con il suo apostolato lavora incessantemente perché questo
incontro avvenga in ogni tempo. E dunque, ha concluso il Papa:
"L'evangelizzazione,
l'annuncio del Vangelo, la missione non sono una specie di colonialismo ecclesiale,
con cui vogliamo inserire altri nel nostro gruppo. È uscire dai limiti delle singole
culture nella universalità che collega tutti, unisce tutti, ci fa tutti fratelli.
Preghiamo di nuovo affinché il Signore ci aiuti a entrare realmente nella 'larghezza'
della sua Parola e così aprirci all'orizzonte universale dell'umanità, quello che
ci unisce con tutte le diversità".