2008-10-06 13:33:04

Benedetto XVI in apertura dei lavori sinodali: è la Parola di Dio la "roccia" sulla quale fondare la nostra vita. Il crollo delle grandi banche dimostra la precarietà del denaro e delle sicurezze umane


Solo la Parola di Dio dà alla vita umana quella “solidità” che non è possibile rintracciare in nessun altro ambito: dalla carriera al denaro, come la recente crisi finanziaria mondiale sta a dimostrare. E’ uno dei pensieri che ha caratterizzato questa mattina la meditazione di Benedetto XVI sul Salmo 118, tenuta in apertura della prima Congregazione generale del Sinodo sulla Parola di Dio in Vaticano. Ce ne parla Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Essere “realista”, per un credente, vuol dire ribaltare il significato che normalmente si attribuisce a questa parola. Vuol dire scegliere di poggiare le basi della propria esistenza sulla Parola di Dio - forte della sicurezza che viene dallo Spirito Santo e per questo “stabile come e più del cielo” - oppure optare per le “sicurezze” temporali, destinate prima o poi a franare come la sabbia sotto le fondamenta della casa evocata da Gesù nel suo celebre Discorso della Montagna. Il salmo 118 ha offerto a Benedetto XVI questo spunto di riflessione in avvio dei lavori sinodali. Parlando della “roccia” degli insegnamenti della Bibbia, e del suo effimero contrario, il Papa ne ha spiegato il senso confrontandolo con uno degli scenari dalla più stretta cronaca internazionale:

 
"Sulla sabbia costruisce chi costruisce solo sulle cose visibili e tangibili, sul successo, sulla carriera, sui soldi. Apparentemente queste sono le vere realtà. Ma tutto questo un giorno passerà. Lo vediamo adesso nel crollo delle grandi banche: questi soldi scompaiono, sono niente. E così tutte queste cose, che sembrano la vera realtà sulla quale contare, sono realtà di secondo ordine. Chi costruisce la sua vita su queste realtà, sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla sabbia".

 
E’ invece la Parola di Dio, ha affermato...

"...la vera realtà sulla quale basare la propria vita. Ricordiamoci della parola di Gesù che continua questa parola del Salmo: 'Cieli e terra passeranno, la mia parola non passerà mai'. Umanamente parlando, la parola, la nostra parola umana, è quasi un niente nella realtà, un alito. Appena pronunciata, scompare. Sembra essere niente. Ma già la parola umana ha un forza incredibile. Sono le parole che creano poi la storia, sono le parole che danno forma ai pensieri, i pensieri dai quali viene la parola. È la parola che forma la storia, la realtà. Ancor più la Parola di Dio è il fondamento di tutto, è la vera realtà".

 
“Dobbiamo cambiare il nostro concetto di realismo”, ha insistito Benedetto XVI. Per essere realisti, ha detto, dobbiamo “cambiare la nostra idea” che la materia e le cose solide, che si possono toccare “rappresentino la realtà più solida e più sicura”:

 
"Realista è chi riconosce nella Parola di Dio, in questa realtà apparentemente così debole, il fondamento di tutto. Realista è chi costruisce la sua vita su questo fondamento che rimane in permanenza".

 
Commentando poi altri versetti del Salmo, il Papa ha parlato anche del “rischio” che l’uomo, in quanto essere “finito”, limitato, non riesca a trovare nelle parole “la” Parola di Dio:

 
"Questo è un grande pericolo anche nella nostra lettura della Scrittura: ci fermiamo alle parole umane, parole del passato, storia del passato, e non scopriamo il presente nel passato, lo Spirito Santo che parla oggi a noi nelle parole del passato. Così non entriamo nel movimento interiore della Parola, che in parole umane nasconde e apre le parole divine. Perciò (...) dobbiamo essere in ricerca della Parola nelle parole. Quindi l'esegesi, la vera lettura della Sacra Scrittura, non è solamente un fenomeno letterario, non è soltanto la lettura di un testo (...) È muoversi verso la Parola di Dio nelle parole umane".

 
Essa, ha concluso Benedetto XVI, è “come una scala” per salire dalle parole umane alla Parola di Dio e per scendere nelle sue profondità. E anche la Storia della salvezza, ha osservato, “non è un piccolo accadimento che si iscrive in un povero pianeta nell’immensità dell’universo. Non è una realtà minima che per caso avvenne in un pianeta sperduto, ma è il movente di tutto e tutto è creato perché si realizzi la storia dell’incontro tra Dio e la sua creatura”. La Chiesa con il suo apostolato lavora incessantemente perché questo incontro avvenga in ogni tempo. E dunque, ha concluso il Papa:

"L'evangelizzazione, l'annuncio del Vangelo, la missione non sono una specie di colonialismo ecclesiale, con cui vogliamo inserire altri nel nostro gruppo. È uscire dai limiti delle singole culture nella universalità che collega tutti, unisce tutti, ci fa tutti fratelli. Preghiamo di nuovo affinché il Signore ci aiuti a entrare realmente nella 'larghezza' della sua Parola e così aprirci all'orizzonte universale dell'umanità, quello che ci unisce con tutte le diversità".







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