Più maestri per sconfiggere l’analfabetismo: il richiamo dell’UNESCO nella Giornata
mondiale degli insegnanti. La riflessione di mons. Aldo Martini, presidente dell’OPAM
Per sconfiggere la piaga dell’analfabetismo, bisogna investire sulla formazione dei
maestri: è quanto chiede l’UNESCO nell’odierna Giornata mondiale degli insegnanti.
L’organizzazione dell’ONU sottolinea che mancano almeno 18 milioni di maestri per
raggiungere gli obiettivi sull’istruzione fissati per il 2015. La situazione è particolarmente
grave in Africa dove gli insegnanti hanno classi anche di 60 alunni. Il problema,
tuttavia, non è solo di quantità. A sottolinearlo è mons. Aldo Martini, presidente
dell’OPAM, Opera di Promozione per l'Alfabetizzazione nel Mondo, intervistato da Alessandro
Gisotti:
R. – Non
basta fare le scuole, una volta che le scuole sono costruite, i problemi sono due:
chi le può frequentare e chi va ad insegnare in queste scuole. Ora, chi le può frequentare
è il problema numero uno perché il primo ostacolo è la povertà che sta aumentando
in tutto il mondo e colpisce in forma macroscopica i Paesi più poveri: con mezzo euro
al giorno per famiglia, chi può permettersi di mandare i figli a scuola, pagare i
libri, ecc.? Ma il secondo ostacolo, non è meno grave: chi è preparato ad insegnare?
La prima emergenza per noi è la formazione degli insegnanti: mancano scuole di formazione
che li preparino, mancano i formatori, a volte gli insegnanti sono ragazzi che hanno
terminato le scuole medie e vengono “arruolati” come insegnanti. Soprattutto mancano
stimoli che indirizzino i giovani ad intraprendere questa carriera che è una missione.
Quindi abbiamo il problema degli insegnanti non pagati, degli insegnanti sotto pagati...
Alla fine si scoraggiano e allora o emigrano verso altre professioni o emigrano materialmente
verso le città ad ingrossare la massa dei disperati, o peggio si adeguano a vivere
di espedienti.
D. – Proprio per venire incontro alle
necessità degli insegnanti nei Paesi in via di sviluppo, l’OPAM, da tempo, ha lanciato
un’iniziativa, se vogliamo originale, cioè l’adozione dei maestri?
R.
– Effettivamente è così. Un pensiero che è nato proprio dall’esperienza, dal vedere
come se è facile trovare un finanziamento per erigere una scuola, è molto più difficile
far capire che questi insegnanti non sono, come da noi, pagati dallo Stato. In gran
parte dei Paesi dell’Africa subsahariana in particolare, ma anche dell’America Latina,
anche di tante zone dell’India, l’insegnamento teoricamente è gratuito ma in pratica
l’insegnamento ricade sui genitori che devono non soltanto mantenere le scuole, ma
soprattutto pagare gli insegnanti. Allora la nostra campagna consiste nel garantire
uno stipendio minimo – minimo vuol dire 15, 20 euro al mese – attraverso i quali questi
insegnanti possono rimanere sul posto. Le diocesi fanno da parte loro quello che possono.
Questo è l’unico modo per salvare la scuola e per dare anche a questa scuola una qualità,
giacché gli insegnanti, se aiutati, sono responsabilizzati e sottoposti ad un giudizio
della comunità.