All'indomani dell'incontro al Quirinale tra il Papa e il presidente Napolitano, il
commento del giurista Giuseppe Dalla Torre su laicità e libertà religiosa
“I due colli del Quirinale e del Vaticano non soltanto si guardano con amicizia ma
esprimono, nei simboli e nei fatti, una collaborazione crescente, a favore del bene
di tutti e della dignità di ogni persona umana”. E' quanto si legge nell'edizione
odierna de "L’Osservatore Romano" a proposito dell’incontro di ieri mattina al Quirinale
tra Benedetto XVI e il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. Molti
i temi al centro del colloquio, in particolare la questione della libertà religiosa
e il riconoscimento della dimensione pubblica del fatto religioso. Ecco in proposito
il commento del prof. Giuseppe Dalla Torre, giurista e rettore della LUMSA,
al microfono di Luca Collodi:
R. – E’
importante il richiamo alla libertà religiosa, non solo perché fuori d’Italia - lo
stiamo vedendo anche oggi - spesso viene violata e pertanto anche il nostro Paese
ha il compito di far rispettare i diritti umani a livello mondiale; ma anche perché
spesso si insinuano nella cultura corrente delle concezioni o delle visioni "strane"
della libertà religiosa. Si pensa, per esempio, alla religione come ad un fatto meramente
privato e personale, mentre la libertà religiosa, in quanto diritto collettivo e anche
come diritto istituzionale, ha inevitabilmente una dimensione pubblica.
D.
– Tra l’altro, il Papa ha detto che non si può limitare la piena garanzia della libertà
religiosa al libero esercizio del culto. Questo è quello che avviene in molti Paesi
del mondo…
R. – Libertà religiosa significa immunità
da coercizioni esterne in materia religiosa e quindi la libertà di poter vivere secondo
la propria dimensione di fede. Faccio riferimento per esempio al fatto che nel cristianesimo
il precetto della carità è un precetto che appare fondamentale. Se si riservasse ai
cristiani la mera libertà di culto, impedendo loro di poter animare la società cristianamente
attraverso opere sociali, attività di assistenza, istruzione, cultura e quant’altro,
evidentemente questo potrebbe essere una lesione anche grave del diritto di libertà
religiosa.
D. – E' emerso in maniera abbastanza chiara
dal discorso del Papa e del presidente della Repubblica che Stato e Chiesa sono pronti
a cooperare insieme per promuovere e servire il bene integrale della persona umana.
C’è un’alleanza per il bene comune…
R. – Si supera
una vecchia concezione dei rapporti tra Stato e Chiesa di tipo istituzionale o di
vertice nell’interesse dello Stato e nel pur legittimo interesse della Chiesa. Si
pone così al centro dell’attenzione l’uomo, la persona. Lo Stato e la Chiesa sono
tutti e due, seppur a titolo diverso – dice il Vaticano II nella “Gaudium et Spes”
– a servizio della persona. E quindi è evidente che questo servizio sarà da ciascuno
reso nell’ambito della propria competenza, quanto più vi sarà tra di loro una collaborazione,
non un contrasto o anche una semplice ignoranza reciproca.