Si svolge questa mattina la visita di Benedetto XVI al Quirinale: il Papa viene accolto
nel palazzo presidenziale - antica residenza dei Papi - da Giorgio Napolitano, che
era stato in udienza in Vaticano il 20 novembre 2006, cinque mesi dopo essere stato
eletto alla massima carica dello Stato. Per Benedetto XVI quella di oggi è la seconda
volta al Quirinale, dopo l’incontro con Carlo Azeglio Ciampi del 24 giugno 2005. Il
servizio di Alessandro De Carolis: Il ritorno di un Papa nel palazzo che fu
dei Papi è sempre un avvenimento che richiama la storia nella cronaca. Da quando Pio
IX lo lasciò nel 1870, e fino a quando Pio XII non vi ritornò per primo in veste di
“ospite” nel 1939 - nella prima visita di Stato all’allora re Vittorio Emanuele III
- il Quirinale rimase per 59 anni il simbolo del graduale assestamento dei rapporti
tra Italia e Santa Sede: rapporti che trovarono forma e suggello con i Patti Lateranensi
del 1929. Sul senso e gli equilibri di quelle relazioni - poi ulteriormente rimodellate
con il Concordato del 1984 - molti Pontefici e molti presidenti della Repubblica italiana
ebbero modo di conversare e confrontarsi dal 1946 in avanti. Ma se Pio XII aveva ricevuto
lui in Vaticano i primi capi di Stato italiani dalla nascita della Repubblica - De
Nicola nel 1946, Einaudi nel ’48 e Gronchi nel ’59 - fu Giovanni XXIII il primo Papa
a uscire dal Vaticano per recarsi in visita al Quirinale. Accadde il 3 luglio 1962,
all’epoca il presidente era Antonio Segni. Paolo VI vi si recò due volte, tre Giovanni
Paolo II. Per Benedetto XVI è la sua seconda uscita in direzione
del Quirinale. La prima si svolse un paio di mesi dopo la sua elezione, il 24 giugno
2005, quando fu ricevuto dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. In quell’occasione -
come pure nelle due udienze che lo stesso Benedetto XVI concesse in Vaticano a Ciampi
e in quella concessa all’attuale presidente Napolitano il 20 novembre 2006 - l’attuale
Pontefice non ha mai mancato di tornare sui temi che constituiscono la “nervatura”
dei rapporti fra Stato e Santa Sede. Ossia, il diritto della Chiesa ad agire sul piano
pastorale ed educativo all’interno della società italiana, “senza mire di potere e
senza chiedere posizioni di vantaggio sociale ed economico”, come affermò Benedetto
XVI tre anni fa, ma schierata in ogni caso in difesa della vita, della famiglia, del
diritto ad un’istruzione aperta agli insegnamenti del Vangelo. Una posizione che il
Papa collocò all’interno del concetto di laicità dello Stato: “Legittima
è dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si
reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici
che trovano il loro fondamento ultimo nella religione. L’autonomia della sfera temporale
non esclude un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una
visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino”. Un’affermazione
di princìpi che Benedetto XVI riprese in termini concreti l’anno successivo, nella
visita in Vaticano del presidente Napolitano: “La libertà,
che la Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato
o di altri gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma
è piuttosto la condizione affinché ... si possa espletare quel prezioso servizio che
la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese in cui essa è presente”. Collaborazione,
rispetto, libertà religiosa garantita, ma non solo. Benedetto XVI ha sempre sottolineato
l’importanza delle radici cristiane che in Italia, più di ogni altro Paese al mondo,
rivestono significati che hanno permeato in modo trasversale e indelebile la storia
della Penisola. Le parole di ammirazione che il Papa indirizzò nel 2006 all’Italia
attraverso il suo massimo rappresentante istituzionale suonano allora come viatico
per il ritorno al Quirinale: “La Nazione italiana sappia
avanzare sulla via dell'autentico progresso e possa offrire alla Comunità internazionale
il suo prezioso contributo, promuovendo sempre quei valori umani e cristiani che sostanziano
la sua storia, la sua cultura, il suo patrimonio ideale, giuridico e artistico, e
che sono tuttora alla base dell’esistenza e dell’impegno dei suoi cittadini”.