Il Papa sull'Humanae Vitae: solo gli occhi del cuore comprendono le esigenze di un
grande amore che sa donare senza riserve
“Gli sposi, infatti, avendo ricevuto il dono dell’amore, sono chiamati a farsi a loro
volta dono l’uno per l’altra senza riserve. Solo così gli atti propri ed esclusivi
dei coniugi sono veramente atti di amore che, mentre li uniscono in una sola carne,
costruiscono una genuina comunione personale”. E’ quanto afferma il Papa nel messaggio
inviato ai partecipanti al Congresso Internazionale sul tema “Humanae Vitae: attualità
e profezia di un’Enciclica”, promosso oggi e domani a Roma dal Pontificio Istituto
Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, in collaborazione con l’Università
Cattolica del Sacro Cuore, nel 40.mo dell’Enciclica. Il Papa si chiede “come mai oggi
il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà a comprendere il messaggio
della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell’amore coniugale nella sua manifestazione
naturale”. E risponde: “Solo gli occhi del cuore riescono a cogliere le esigenze proprie
di un grande amore, capace di abbracciare la totalità dell’essere umano”. Ma ecco
il testo integrale del messaggio: A Mons. Livio Melina Preside
del Pontificio Istituto «Giovanni Paolo II» per Studi su Matrimonio
e Famiglia Ho appreso con gioia che il Pontificio
Istituto di cui Ella è Preside e l’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno opportunamente
organizzato un Congresso Internazionale in occasione del 40° anniversario di pubblicazione
dell’Enciclica Humanae vitae, importante documento nel quale è affrontato uno degli
aspetti essenziali della vocazione matrimoniale e dello specifico cammino di santità
che ne consegue. Gli sposi, infatti, avendo ricevuto il dono dell’amore, sono chiamati
a farsi a loro volta dono l’uno per l’altra senza riserve. Solo così gli atti propri
ed esclusivi dei coniugi sono veramente atti di amore che, mentre li uniscono in una
sola carne, costruiscono una genuina comunione personale. Pertanto, la logica della
totalità del dono configura intrinsecamente l’amore coniugale e, grazie all’effusione
sacramentale dello Spirito Santo, diventa il mezzo per realizzare nella propria vita
un’autentica carità coniugale. La possibilità
di procreare una nuova vita umana è inclusa nell’integrale donazione dei coniugi.
Se, infatti, ogni forma d’amore tende a diffondere la pienezza di cui vive, l’amore
coniugale ha un modo proprio di comunicarsi: generare dei figli. Così esso non solo
assomiglia, ma partecipa all’amore di Dio, che vuole comunicarsi chiamando alla vita
le persone umane. Escludere questa dimensione comunicativa mediante un’azione che
miri ad impedire la procreazione significa negare la verità intima dell’amore sponsale,
con cui si comunica il dono divino: “se non si vuole esporre all’arbitrio degli uomini
la missione di generare la vita, si devono necessariamente riconoscere limiti invalicabili
alla possibilità di dominio dell’uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti
che a nessun uomo, sia privato sia rivestito di autorità, è lecito infrangere”(Humanae
vitae, 17). E’ questo il nucleo essenziale dell’insegnamento che il mio venerato predecessore
Paolo VI rivolse ai coniugi e che il Servo di Dio Giovanni Paolo II, a sua volta,
ha ribadito in molte occasioni, illuminandone il fondamento antropologico e morale. A
distanza di 40 anni dalla pubblicazione dell’Enciclica possiamo capire meglio quanto
questa luce sia decisiva per comprendere il grande “sì” che implica l’amore coniugale.
In questa luce, i figli non sono più l’obiettivo di un progetto umano, ma sono riconosciuti
come un autentico dono, da accogliere con atteggiamento di responsabile generosità
verso Dio, sorgente prima della vita umana. Questo grande “sì” alla bellezza dell’amore
comporta certamente la gratitudine, sia dei genitori nel ricevere il dono di un figlio,
sia del figlio stesso nel sapere che la sua vita ha origine da un amore così grande
e accogliente. E’ vero, d’altronde, che nel cammino
della coppia possono verificarsi delle circostanze gravi che rendono prudente distanziare
le nascite dei figli o addirittura sospenderle. Ed è qui che la conoscenza dei ritmi
naturali di fertilità della donna diventa importante per la vita dei coniugi. I metodi
di osservazione, che permettono alla coppia di determinare i periodi di fertilità,
le consentono di amministrare quanto il Creatore ha sapientemente iscritto nella natura
umana, senza turbare l’integro significato della donazione sessuale. In questo modo
i coniugi, rispettando la piena verità del loro amore, potranno modularne l’espressione
in conformità a questi ritmi, senza togliere nulla alla totalità del dono di sé che
l’unione nella carne esprime. Ovviamente ciò richiede una maturità nell’amore, che
non è immediata, ma comporta un dialogo e un ascolto reciproco e un singolare dominio
dell’impulso sessuale in un cammino di crescita nella virtù. In
questa prospettiva, sapendo che il Congresso si svolge anche per iniziativa dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore, mi è pure caro esprimere particolare apprezzamento per
quanto codesta Istituzione universitaria fa a sostegno dell’Istituto Internazionale
Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile
(ISI), da essa donato al mio indimenticabile Predecessore, Papa Giovanni Paolo II,
volendo in questo modo offrire una risposta, per così dire, istituzionalizzata all’appello
rivolto dal Papa Paolo VI nel numero 24 dell’Enciclica agli “uomini di scienza”. Compito
dell’ISI, infatti, è di far progredire la conoscenza delle metodiche sia per la regolazione
naturale della fertilità umana che per il superamento naturale dell’eventuale infertilità.
Oggi, “grazie al progresso delle scienze biologiche e mediche, l’uomo può disporre
di sempre più efficaci risorse terapeutiche, ma può anche acquisire poteri nuovi dalle
conseguenze imprevedibili sulla vita umana nello stesso suo inizio e nei suoi primi
stadi” (Istruz. Donum vitae, 1). In questa prospettiva, “molti ricercatori si sono
impegnati nella lotta contro la sterilità. Salvaguardando pienamente la dignità della
procreazione umana, alcuni sono arrivati a risultati che in precedenza sembravano
irraggiungibili. Gli uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a proseguire nelle
loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della sterilità e potervi rimediare,
in modo che le coppie sterili possano riuscire a procreare nel rispetto della loro
dignità personale e di quella del nascituro” (Istruz. Donum vitae, 8). E’ proprio
questo lo scopo che l’ISI Paolo VI ed altri Centri analoghi, con l’incoraggiamento
dell’Autorità ecclesiastica, si propongono. Possiamo
chiederci: come mai oggi il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà
a comprendere il messaggio della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell’amore
coniugale nella sua manifestazione naturale? Certo, la soluzione tecnica anche nelle
grandi questioni umane appare spesso la più facile, ma essa in realtà nasconde la
questione di fondo, che riguarda il senso della sessualità umana e la necessità di
una padronanza responsabile, perché il suo esercizio possa diventare espressione di
amore personale. La tecnica non può sostituire la maturazione della libertà, quando
è in gioco l’amore. Anzi, come ben sappiamo, neppure la ragione basta: bisogna che
sia il cuore a vedere. Solo gli occhi del cuore riescono a cogliere le esigenze proprie
di un grande amore, capace di abbracciare la totalità dell’essere umano. Per questo
il servizio che la Chiesa offre nella sua pastorale matrimoniale e familiare dovrà
saper orientare le coppie a capire con il cuore il meraviglioso disegno che Dio ha
iscritto nel corpo umano, aiutandole ad accogliere quanto comporta un autentico cammino
di maturazione. Il Congresso che state celebrando
rappresenta perciò un importante momento di riflessione e di cura per le coppie e
per le famiglie, offrendo il frutto di anni di ricerca, sia sul versante antropologico
ed etico che su quello prettamente scientifico, a proposito di procreazione veramente
responsabile. In questa luce non posso che congratularmi con voi, augurandomi che
questo lavoro porti frutti abbondanti e contribuisca a sostenere i coniugi con sempre
maggior saggezza e chiarezza nel loro cammino, incoraggiandoli nella loro missione
ad essere, nel mondo, testimoni credibili della bellezza dell’amore. Con questi auspici,
mentre invoco l’aiuto del Signore sullo svolgimento dei lavori del Congresso, a tutti
invio una speciale Benedizione Apostolica. Dal
Vaticano, 2 ottobre 2008