Domani la beatificazione di don Francesco Pianzola, apostolo delle mondine, e don
Francesco Bonifacio, ucciso dai miliziani di Tito perché sacerdote
Domani la Chiesa proclamerà due nuovi Beati: il sacerdote lombardo don Francesco Pianzola,
conosciuto come “il prete santo delle mondine”, e il sacerdote istriano don Francesco
Bonifacio, uomo della riconciliazione in tempi di odi interetnici, ucciso dai miliziani
di Tito nel 1946. Il servizio di Sergio Centofanti.
Due sacerdoti
che in modi diversi hanno speso la vita per la gente umile per amore di Cristo. Don
Pianzola, che sarà beatificato domani pomeriggio nella Cattedrale di Vigevano, ha
portato il Vangelo nella Lomellina della prima metà del ‘900, tra le mondine, le operaie
del riso, nelle fabbriche, tra i lavoratori sfruttati e senza diritti, condividendo
con loro povertà e fatica. Si faceva chiamare “don Niente”. Fondò le Suore missionarie
dell’Immacolata Regina della Pace e gli Oblati diocesani dell’Immacolata. Per rispondere
a quale esigenza? Ascoltiamo al microfono di Adriana Masotti,
suor Tiziana Conterbia, postulatrice della Causa di beatificazione
di don Pianzola: "La risposta all'esigenza di essere
sempre più presente in mezzo al disagio, al disagio vissuto dal popolo, lasciato a
se stesso, abbandonato anche dalla stessa Chiesa che a quell'epoca se ne disinteressava,
attuando in ritardo la 'Rerum Novarum'. Questa situazione ha colpito don Francesco
fin da seminarista e lui l’ha proposta al suo vescovo. Ha associato quindi a sé altri
fratelli, i Padri oblati, perché uscissero dalle chiese per andare a celebrare, a
catechizzare, a dare aiuto e solidarietà, lì dove lavorava e viveva la loro gente.
Per le Suore missionarie era la stessa cosa: l'idea di inviare delle donne tra le
donne delle cascine per dare loro dignità e dire tutta la potenzialità che il mondo
femminile aveva in sé e non riusciva ad attuare". E sarà beatificato
domani pomeriggio, nella cattedrale di San Giusto a Trieste, anche don Francesco Giovanni
Bonifacio, sempre vicino ai poveri e ai malati, uomo di pace in un’epoca di rancori
profondi, nell’Istria liberata dai nazifascisti. Pur minacciato proseguì con coraggio
ad annunciare il Vangelo. Assalito dai miliziani di Tito fu torturato, ucciso e probabilmente
gettato in una foiba. Aveva appena compiuto 34 anni. Don Bonifacio è morto perdonando
i suoi assassini. Ma perché fu ucciso? Ci risponde il vescovo di Trieste
Eugenio Ravignani: "Soprattutto per il suo
essere sacerdote. Quello che in una persecuzione sostenuta da una ideologia atea voleva
imporre era la scristianizzazione della nostra gente. Si voleva imporre l’ateismo,
si proibiva di entrare nelle chiese, si proibivano i matrimoni religiosi, chi era
in qualche modo legato ad una certa struttura non poteva evidentemente nemmeno battezzare
i figli. Quest’uomo invece continuava in una piccola realtà fatta di casolari dispersi
a riunire la sua gente, con un’educazione fortemente legata al Vangelo, un’educazione
alla Messa domenicale e all’Eucaristia, e poi soprattutto riuniva i giovani in un’esperienza
cristiana, coinvolgendoli in particolare nell’Azione Cattolica. Quindi, è diventato
un prete evidentemente scomodo, che veniva a contrastare un disegno che, in quel momento,
si stava realizzando purtroppo".