Giornata della non violenza: ma in India continuano gli attacchi contri i cristiani
Non cessano gli attacchi contro i cristiani in India nemmeno in occasione della Giornata
internazionale della non violenza, indetta per oggi dall’ONU, in ricordo della nascita
di Gandhi, teorico e stratega della non violenza, ucciso da un fanatico indù il 30
gennaio 1948. A distanza di 60 anni, il Paese indiano continua ad essere attraversato
dalle tensioni che, negli ultimi mesi, hanno colpito le minoranze cristiane, ma non
hanno risparmiato in passato altre minoranze religiose come quella musulmana. Sulla
cronaca di oggi il servizio di Benedetta Capelli:
L’India stretta
nella morsa della violenza anticristiana. Ancora una volta è lo Stato di Orissa il
teatro degli attacchi: almeno 50 mila le persone rimaste senza tetto e molti sono
nascosti nelle foreste esposti al rischio di fame e malattie. Non basta il coprifuoco
imposto dalla polizia: ieri tre villaggi sono stati colpiti, decine le case bruciate
nel distretto di Kandhamal, la zona dove il 24 agosto scorso è iniziata l’ondata di
violenze contro i cristiani dopo la morte di un leader indù. Per la prima volta da
oltre un mese la polizia ha arrestato alcuni membri responsabili delle distruzioni,
componenti di alcune organizzazioni nazionaliste indù. Subito si è scatenata la reazione
con numerosi manifestanti che si sono radunati attorno ai distretti di polizia. Per
fronteggiare la situazione il governo ha deciso l’invio di dieci nuove brigate di
paramilitari, un dispiegamento che però non spegne le polemiche. I cristiani hanno
più volte accusato le forze dell’ordine di rimanere inattive di fronte alle violenze
o di intervenire in ritardo. AsiaNews racconta della fuga degli aggressori dai villaggi
mentre la polizia è presente e della morte di una suora, lo scorso 28 settembre, che
aveva contratto la malaria mentre era nascosta nella foresta per sfuggire alle violenze.
Oltre all’Orissa anche nel Tamil Nadu si registrano attacchi: una chiesa protestante
a Coimbatore – la sesta - è stata saccheggiata da gruppi di militanti. A New Delhi
è stata ricordata la nascita di Gandhi con una marcia che ha chiuso il sit in di 7
giorni organizzato dai cristiani contro le violenze. Un’iniziativa nella quale si
è chiesto il rispetto delle minoranze religiose - un appello in tal senso è stato
lanciato anche da Amnesty International - e la messa al bando del Bajrang Dal, la
più violenta tra le organizzazioni dei fondamentalisti indù.
L’India
dunque nel turbine di violenze che stanno mettendo in difficoltà il governo centrale,
richiamato dall’Europa a garantire i diritti umani di tutti i cittadini. Davvero la
situazione è sfuggita di mano? Roberta Gisotti ne ha parlato con il prof. Michelgugliemo
Torri, docente di Storia moderna e contemporanea dell’Asia all’Università di Torino,
autore di “Storia dell’India” per l’editore Laterza:
R. – In India
è in corso una crisi del laicismo che non è un fenomeno recente, è un fenomeno in
corso dalla fine degli anni ’80. C’è stato l’emergere e il diffondersi dell’idea che
i veri indiani sono solo gli indù e quindi, essenzialmente musulmani e cristiani ma
anche gli atei non siano a tutti gli effetti degli indiani. Ora ci sono diverse organizzazioni
politiche - in particolare il partito del BJP (Bharatiya Janata Party - ), che è stato al potere nel periodo tra il '98 e il 2004
- che sposano questo tipo di ideologia. Ora, negli ultimi tempi, le organizzazioni
extra-parlamentari che si legano a questa ideologia, hanno lanciato una campagna di
persecuzioni, di attacchi violenti che hanno portato a decine di morti, contro i membri
della comunità cristiana, in particolare in due Stati dell’Unione Indiana, l’Orissa
e il Karnataka. E c’è stata una sostanziale complicità da parte dei governi di questi
due stati e da parte delle forze di sicurezza, per cui, mentre non si è fatto nulla
– o quasi nulla – nei confronti degli autori degli attacchi, si è intervenuto contro
quelle organizzazioni di base che protestavano contro tali attacchi. Ecco, nonostante
il fatto che i due principali leader del governo centrale e del partito al potere
non siano essi stessi indù, bisogna dire che la reazione da parte del governo centrale
è stata, fino a questo momento, estremamente debole.
D.
– Il laicismo in declino e il fondamentalismo in ascesa. Quale antidoto può mettere
a riparo l’India da svolte autoritarie o anarchiche?
R.
– In India ci sono, come dire, degli anticorpi al lavoro, nel senso che ci sono tutta
una serie di comunità di base che si battono per la tutela dei valori democratici,
per la tutela delle minoranze e a favore del laicismo. In India c’è anche una stampa,
in particolare quella di lingua inglese, capace di impegnarsi dal punto di vista politico.
In effetti, gran parte, se non tutte le notizie che noi abbiamo sulle violenze anticristiane
e le violenze antimusulmane, precedentemente, sono notizie che sono state date dalla
libera stampa indiana e che sono state documentate attraverso una serie di rapporti
preparati da gruppi di pace. C’è da dire, purtroppo, che i due maggiori partiti indiani,
che sono il Congresso e il BJP, sono uno, il BJP, un esponente dei principi dell’induismo
politico, e l’altro, il Congresso, un partito che dagli anni ’80 in avanti, è stato
profondamente infiltrato da una sorta di versione “soft” dell’induismo politico.
D.
– Quindi uno scenario politico che desta preoccupazione?
R.
– Da questo punto di vista, gli osservatori internazionali, l’opinione pubblica internazionale,
farebbero bene a non adagiarsi su certe immagini che tendono a presentare l’India
come un Paese caratterizzato da democrazia e progresso. La realtà dell’India è molto
più complessa: l’India è sì una democrazia ma è anche è un Paese caratterizzato da
uno sviluppo economico dove gran parte dei guadagni dello sviluppo economico finisce
nelle mani di un esiguo strato della popolazione che, secondo alcuni, coincide con
il 10 per cento della popolazione urbana e con il 5 per cento della popolazione rurale.
Proprio questo tipo di sviluppo distorto, produce delle tensioni molto violente all’interno
della società indiana. Il rilanciare idee come quelle dell’induismo politico, l’individuare
un nemico interno, un capro espiatorio individuato nelle minoranze, può essere un’utile
modalità per distrarre la stessa opinione pubblica indiana da quelli che sono i problemi
reali. I problemi reali, rimangono essenzialmente quelli di una sviluppo che sta arricchendo
una minoranza della popolazione e sta lasciando, nella povertà, la grande maggioranza
di questa stessa popolazione.