Mons. Migliore all'ONU: le Nazioni Unite non sono un "governo mondiale" ma un organismo
chiamato a difendere la dignità dei più deboli
Il principio di protezione del proprio Paese dalle turbolenze della natura, dalle
calamità naturali o dalle altre insidie che mettono in pericolo la vita umana sul
pianeta diviene spesso un pretesto per azioni militari o di sfruttamento, che ignorano
invece il dovere della solidarietà. Un dovere per il quale l’ONU è chiamata a battersi
e impegnarsi ad ogni latitudine, pena l'offuscamento del suo ruolo. Sono questi alcuni
dei concetti sui quali l’osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite,
l’arcivescovo Celestino Migliore, ha basato ieri il proprio intervento durante i lavori
della 63.ma Assemblea generale del Palazzo di vetro. Elencando le sfide e le crisi
che hanno colpito a vario livello il mondo nel 2008 - da quella finanziaria a quella
alimentare, passando per i conflitti armati - il presule si è soffermato sulla “responsabilità
della comunità internazionale di intervenire in situazioni in cui i singoli governi
non sono in grado o disposti a garantire la protezione dei propri cittadini”. Tuttavia,
ha stigmatizzato, “in passato, il termine ‘protezione’ troppo spesso è stato usato
come pretesto per l'espansione e l'aggressione”. E “nonostante i molti progressi nel
diritto internazionale, questa stessa comprensione e pratica continuano ancora oggi
tragicamente”.
Mons. Migliore ha ricordato all’assemblea dell’ONU le parole
di Benedetto XVI pronunciate in quello stesso consesso lo scorso aprile. Parole con
le quali la responsabilità della protezione è stata auspicata come un principio condiviso
da tutti i governi “per governare le popolazioni e disciplinare i rapporti" fra loro.
Chi al contrario, ha proseguito l’osservatore vaticano, ancora oggi si ripara dietro
tale principio piegandolo a scopi violenti ne distorce il significato. “La responsabilità
di proteggere - ha spiegato mons. Migliore - non dovrebbe essere considerata soltanto
in termini di intervento militare, ma soprattutto come necessità per la comunità internazionale
di unirsi di fronte alla crisi", di "trovare mezzi e avviare negoziati, sostenendo
la forza morale del diritto e per la ricerca bene comune”.
E qui, il presule
ha esortato le Nazioni Unite ad essere fedeli alla vocazione che le ha originate,
che non è quella - ha affermato - di “essere un governo mondiale”, quanto quella di
ascoltare le voci spesso “ignorate” dei malati di AIDS, o dei perseguitati per motivi
politici o religiosi, o delle vittime di vecchie e nuove schiavitù che invocano “azioni,
impegni e risultati”. “La posta in gioco - ha detto mons. Migliore - non è solo la
credibilità di questa Organizzazione di essere leader a livello mondiale ma, cosa
ancora più importante, la capacità della comunità umana di fornire cibo e sicurezza
e di proteggere i diritti umani fondamentali, in modo che tutti i popoli abbiano la
possibilità di vivere liberi dal timore e dal bisogno e di difendere così la propria
dignità”. (A cura di Alessandro De Carolis)