Guardare in positivo alle nuove tecnologie: l’arcivescovo Claudio Maria Celli sul
tema della prossima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali
“Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo,
di amicizia”. Questo il tema indicato ieri dal Papa per la prossima Giornata mondiale
delle comunicazioni sociali, giunta alla 43.ma edizione, che sarà celebrata in Italia
il 31 maggio 2009, mentre il messaggio del Santo Padre in vista della ricorrenza
sarà reso noto - come di consueto - il 24 gennaio, festa di San Francesco di Sales,
patrono dei giornalisti. Roberta Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Claudio
Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali:
R. - Anzitutto,
il Papa dà una lettura positiva di ciò che sta avvenendo. Vale a dire che le nuove
tecnologie sono sostanzialmente utili per instaurare, per aumentare le nostre relazioni
sociali. Qui, però, c’è un fenomeno che emerge ugualmente con una certa chiarezza:
da un lato questi mezzi portano ad allentare i tradizionali confini geografici e culturali,
dall’altro c’è il fatto che questi mezzi fanno perdere ai soggetti il senso del territorio
in cui abitano o del gruppo sociale in cui operano. Lei pensi, ad esempio, al cellulare:
il cellulare è diventato veramente una condizione quasi imprescindibile del nostro
vivere. C’è la frenesia di essere connesso. Allo stesso tempo, però, siamo più preoccupati
della connessione che non dei contenuti che possiamo dare attraverso queste relazioni
che si instaurano. Ecco, allora, che il Papa, senza parlare di rischi o di limiti,
propone questa problema in tono positivo e ci dice che proprio in queste relazioni,
offerteci ampiamente dai nuovi mezzi di comunicazione, bisogna promuovere una cultura
di dialogo, di rispetto, di amicizia.
D. - Nuove
tecnologie, eccellenza, dalle quali - è vero - ci sentiamo spesso travolti e con la
sensazione sovente di subirle. E’ forse, quindi, mancata fino ad oggi una riflessione
seria da parte degli studiosi e degli stessi operatori della comunicazione?
R.
- Sì. La Chiesa stessa è molto attenta a questo fenomeno. Abbiamo pensato che nel
marzo prossimo inviteremo tutti i responsabili dei mezzi di comunicazione delle Conferenze
episcopali per una settimana di studio, di approfondimento, per vedere insieme con
professori del mondo accademico ed anche operatori dei media cosa queste realtà pongono
come problematiche umane e quindi non solamente come ricchezza o come possibilità.
La Chiesa, che è maestra di umanità, si domanderà che cosa fare, come essere presenti
e, quindi, come disegnare le nuove prospettive di una pastorale ecclesiale dei mezzi
di comunicazione.
D. - Eccellenza, lei crede che
sia necessario anche vincere un certo timore verso i nuovi media?
R.
- Il Papa ha uno sguardo positivo, di profondo apprezzamento per i media. Poi, è innegabile,
dovremmo vedere come questi media pongono dei nuovi quesiti al nostro comportamento
e qui, ancora una volta, riermergono le dimensioni antropologiche e le dimensioni
etiche di questa nostra presenza nel campo dei media.