2008-09-27 15:50:45

Il cardinale Scola ricorda Papa Luciani a 30 anni dalla sua morte


“Anni complessi”, della contestazione anche ecclesiale, e “anni difficili perché segnati da circostanze nuove” e “di problematica decifrazione”. Così il patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, ha definito il periodo del ministero patriarcale che Albino Luciani ha svolto nella diocesi dalla fine del 1969 all’agosto 1978. Intervenuto questo pomeriggio nel capoluogo lagunare al convegno internazionale “Albino Luciani dal Veneto al mondo”, promosso in occasione del 30.mo anniversario della morte del futuro Giovanni Paolo I, che ricorre domani, il cardinale Scola si è soffermato su una difficile vicenda di cui l’allora patriarca fu protagonista. “Nella sua qualità di pastore della Chiesa veneziana e di figura eminente della Chiesa italiana – ha spiegato il porporato - Luciani dovette sovente esporsi. Fu soprattutto nell’aprile del 1974, in occasione del referendum sul divorzio, che prese posizione non nominando un successore all’assistente della FUCI che si era dimesso, e sciogliendo la Comunità studentesca di San Trovaso che si era pronunciata a favore del mantenimento della legge”. Egli “non tollerò che si esprimessero pubblicamente contro la dichiarazione ufficiale dei vescovi italiani sul referendum”, e “si produsse in tal modo una «significativa frattura» che certamente segnò gli anni successivi della vita diocesana”. Per il cardinale Scola, le scelte dell’allora patriarca “furono dettate dall’amorevole cura del pastore”. A caratterizzarlo era, per il porporato, “un affettivo ed effettivo senso di appartenenza alla Chiesa vissuto con profonda gratitudine” e “un’acuta consapevolezza della natura missionaria del popolo di Dio”. Per il patriarca Albino era l’evangelizzazione “il compito prioritario della Chiesa”, e ciò richiedeva che essa fosse “particolarmente attenta alla realtà storicamente determinata dell’uomo” e affrontasse “con grande equilibrio” il “rapporto con il potere politico”. “La Chiesa deve insegnare, anche con i fatti, che l’autorità civile va rispettata – affermava -, ma nello stesso tempo deve denunciarne gli eventuali abusi”: queste riflessioni dell’allora patriarca, secondo il cardinale “sembrano in qualche modo anticipare i contenuti della III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi del 1974” e “la conseguente, insuperata Esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii Nuntiandi”. “Appartenenza ecclesiale e coscienza missionaria – ha concluso il patriarca di Venezia - vissute come l’esito, non privo di dramma, di due virtù che il Servo di Dio esercitò in modo eccellente: l’umiltà e l’obbedienza”. (V.V.)







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