Il cardinale Scola ricorda Papa Luciani a 30 anni dalla sua morte
“Anni complessi”, della contestazione anche ecclesiale, e “anni difficili perché segnati
da circostanze nuove” e “di problematica decifrazione”. Così il patriarca di Venezia,
cardinale Angelo Scola, ha definito il periodo del ministero patriarcale che Albino
Luciani ha svolto nella diocesi dalla fine del 1969 all’agosto 1978. Intervenuto questo
pomeriggio nel capoluogo lagunare al convegno internazionale “Albino Luciani dal Veneto
al mondo”, promosso in occasione del 30.mo anniversario della morte del futuro Giovanni
Paolo I, che ricorre domani, il cardinale Scola si è soffermato su una difficile vicenda
di cui l’allora patriarca fu protagonista. “Nella sua qualità di pastore della Chiesa
veneziana e di figura eminente della Chiesa italiana – ha spiegato il porporato -
Luciani dovette sovente esporsi. Fu soprattutto nell’aprile del 1974, in occasione
del referendum sul divorzio, che prese posizione non nominando un successore all’assistente
della FUCI che si era dimesso, e sciogliendo la Comunità studentesca di San Trovaso
che si era pronunciata a favore del mantenimento della legge”. Egli “non tollerò che
si esprimessero pubblicamente contro la dichiarazione ufficiale dei vescovi italiani
sul referendum”, e “si produsse in tal modo una «significativa frattura» che certamente
segnò gli anni successivi della vita diocesana”. Per il cardinale Scola, le scelte
dell’allora patriarca “furono dettate dall’amorevole cura del pastore”. A caratterizzarlo
era, per il porporato, “un affettivo ed effettivo senso di appartenenza alla Chiesa
vissuto con profonda gratitudine” e “un’acuta consapevolezza della natura missionaria
del popolo di Dio”. Per il patriarca Albino era l’evangelizzazione “il compito prioritario
della Chiesa”, e ciò richiedeva che essa fosse “particolarmente attenta alla realtà
storicamente determinata dell’uomo” e affrontasse “con grande equilibrio” il “rapporto
con il potere politico”. “La Chiesa deve insegnare, anche con i fatti, che l’autorità
civile va rispettata – affermava -, ma nello stesso tempo deve denunciarne gli eventuali
abusi”: queste riflessioni dell’allora patriarca, secondo il cardinale “sembrano in
qualche modo anticipare i contenuti della III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi
del 1974” e “la conseguente, insuperata Esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii
Nuntiandi”. “Appartenenza ecclesiale e coscienza missionaria – ha concluso il patriarca
di Venezia - vissute come l’esito, non privo di dramma, di due virtù che il Servo
di Dio esercitò in modo eccellente: l’umiltà e l’obbedienza”. (V.V.)