Camminare insieme per incontrare Cristo: così ai nostri microfoni il nuovo segretario
generale della CEI Mariano Crociata
Avverrà il 20 ottobre il passaggio di consegne tra mons. Giuseppe Betori, finora segretario
generale della Conferenza episcopale italiana, designato arcivescovo di Firenze, e
mons. Mariano Crociata, che gli succede nell’incarico alla CEI. Mons. Crociata,
che lascia la guida della diocesi di Noto, ha sempre mostrato profonda sollecitudine
verso gli immigrati e attenzione nei confronti del dialogo con le altre religioni,
soprattutto l’islam. E’ la prima volta che un segretario generale della CEI viene
dal profondo sud, dalla Sicilia. E’ un segnale di unità della Chiesa, spiega al microfono
di Francesca Sabatinelli lo stesso mons. Crociata:
R. - E’ la
conferma di quello che le Chiese d’Italia, riunite con i loro vescovi in Conferenza,
hanno voluto sempre fare: camminare insieme, come Chiese di un territorio nazionale,
identificato da una cultura peraltro fortemente segnata dalla fede cristiana.
D.
– Il 20 ottobre, passaggio di consegne tra lei e mons. Betori, segnerà l’inizio della
sua vita romana. Lei, a se stesso, cosa auspica?
R.
– Una cosa molto semplice: di corrispondere alle esigenze di questo servizio. Io capisco
che viene subito in mente la domanda: quali cose vuole portare avanti? Ecco, sottolineo
questo non voler portare avanti nulla di particolare perché non porto qualcosa di
mio, il mio compito è collaborare. Questo non vuol dire che non abbia un mio sentire,
ma il bagaglio della mia sensibilità deve sposarsi col cammino di tutti e fondersi,
con un’attenzione a condurre, a far conoscere meglio, far capire meglio che cosa è
credere, essere Chiesa ed incontrare Cristo per camminare insieme. E questo intendimento
pastorale forte, lo ritengo non solo una convinzione personale ma proprio ciò che
è meglio corrisponde al mio essere prete, vescovo, e a quello che poi penso la Conferenza
chieda.
D. – Mons. Crociata, è noto il suo impegno
per gli immigrati, un impegno molto forte che Lei porterà anche a Roma?
R.
– Certamente; è un po’ l’esperienza delle Chiese di Sicilia. Se vogliamo c’è una sensibilità
anche personale, però lo vedrei collocato in un’attenzione ecclesiale complessiva,
che evidentemente deve poi porre l’attenzione, in maniera specifica, su quest’aspetto,
come del resto, per esempio, ancora una volta, il presidente Bagnasco ha ricordato
nella sua prolusione al Consiglio permanente di questa settimana.
D.
– Tra le tante persone, associazioni, che si sono congratulati con lei ci sono anche
gli intellettuali musulmani. Vedono questa sua nomina come un importante passo per
il dialogo...
R. – Da questo punto di vista specifico,
la stampa ha voluto, diciamo così, accentuare una competenza specifica che non deve
essere esagerata perché si colloca all’interno di un percorso accademico che è stato
primariamente attorno alla teologia. Indubbiamente ho maturato una qualche conoscenza
e una qualche sensibilità nei confronti della religione islamica che mi rende attento,
che rispecchia il cammino della Chiesa in Italia che, nel nuovo contesto pluriculturale
e plurireligioso, dell’Italia di oggi, grazie soprattutto all’immigrazione, si è fatta
attenta a questa differenza religiosa e quindi al dialogo necessario all’accoglienza,
al confronto, ma anche ad una presenza che non trascura mai le esigenze dell’annuncio.