2008-09-26 15:20:26

Convegno su Santa Chiara da Montefalco a 700 anni dalla morte


A 700 anni dalla morte un congresso internazionale la ricorda nel contesto socio-religioso femminile dei secoli XIII e XIV. Parliamo di Santa Chiara da Montefalco, monaca agostiniana, mistica e teologa. Di lei si parla da ieri fino al 27 settembre a Montefalco e a Spoleto, mentre nella chiesa di Sant’Agostino, al fianco del monastero in cui la religiosa è vissuta, sarà possibile visitare la mostra dei santini a lei dedicati. Ma quale immagine di Santa Chiara può tracciare uno studioso? Ascoltiamo, al microfono di Tiziana Campisi, il prof. Enrico Menestò, docente di letteratura latina medievale dell’Università di Perugia:RealAudioMP3

R. - Noi abbiamo l’immagine di una donna che vive una vita breve, caratterizzata da tre momenti, perché si ritira solo a sei anni, nel ’76, in un reclusorio, vive senza una regola, poi poco dopo passa in un nuovo reclusorio costruito dalla sorella Giovanna - che aveva la responsabilità del primo – e poi, morta Giovanna, diventa la badessa. Nel 1290 le viene data una regola da seguire, ed è la regola di Sant’Agostino; posso ricordare che al nuovo monastero viene data l’intitolazione di Santa Croce e Santa Caterina, quindi Chiara, da un punto di vista dell'ascesi e della mistica, è caratterizzata dal cristocentrismo: l’avere nel suo cuore il Cristo passionato, il Cristo della Croce.

 
D. – Questo congresso internazionale certamente consente di conoscere meglio Santa Chiara da Montefalco, ma la pone anche in rapporto ad altre figure femminili…

 
R. – L’Umbria, in questo periodo, esprime delle figure davvero straordinarie: penso ad Angela da Foligno, Margherita da Cortona, Vanna da Orvieto. Insomma, ci sono esperienze femminili di altissimo livello, che hanno fatto la storia davvero della santità in Italia tra il 1200 e il 1300.

 
D. - Lei si è accostato alla figura di Santa Chiara da Montefalco da studioso; che cosa Le ha lasciato l’immagine di Chiara?

 
R. – Quando pubblicai gli atti del processo di canonizzazione - e ormai sono passati almeno 25 anni - rimasi colpito da tutta la vicenda, proprio del suo biografo-agiografo. Berengario, tre giorni dopo la morte di Chiara, riceve l’informazione che avevano trovato i segni della Passione nel cuore di Chiara; lui era il vicario del vescovo di Spoleto, doveva difendere in qualche modo questa situazione che si presentava, a detta di qualcuno, come una sorta di imbroglio. Temendo che fosse stato fatto un imbroglio, volle verificare di persona come fossero andate realmente le cose; va a Montefalco, si fa portare il cuore di Chiara, lo esamina e, riconosce che quei segni misteriosi non erano stati fatti per un artifizio. E da quel momento, da inquisitore diffidente, duro, inflessibile, diventa il fautore, diciamo l’artefice della santità di Chiara.

 
D. – E secondo Lei, a 700 anni dalla morte di Chiara da Montefalco, quale messaggio ci arriva da questa santa?

 
R. – Una vita condotta secondo alcuni principi, perché cos’è l’esperienza di Chiara? Può essere definita come l’esperienza di colei che ha mostrato che poteva essere reso redivivo in sé il Cristo crocifisso; e quindi, avendo in sé il Cristo, riesce ad essere profetessa, a smascherare eresie, a indicare la vera strada. E’, in fondo, un messaggio che vale anche oggi, soprattutto dopo che il Concilio Vaticano II ha sancito che la santità è alla portata di tutti, tutti possono essere santi.







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