Giornata marittima mondiale: l'invito di mons. Marchetto a pregare per tutta la gente
del mare
Si celebra oggi la “Giornata Marittima Mondiale” promossa dall’Organizzazione Marittima
Internazionale (OMI) che, come agenzia delle Nazioni Unite, ha la responsabilità di
migliorare la sicurezza marittima e prevenire l’inquinamento causato dalle imbarcazioni.
Quest'anno la Giornata celebra i 60 anni dell'OMI al servizio dei trasporti marittimi.
Fabio Colagrande ha intervistato l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario
del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, dicastero
che comprende tra le sue attività l’Apostolato del Mare.
R. - Dobbiamo
ricordare che il commercio e il trasporto marittimo sono vitali per tutti noi. In
questo settore lavorano milioni di persone: penso, in special modo, ai marittimi,
ai pescatori, al personale delle navi da crociera, del piccolo cabotaggio e dei ferry,
penso ai lavoratori nei porti e sulle piattaforme petrolifere offshore. La loro è
una vita dura e pericolosa; essi soffrono di solitudine, lavorano ad orari irregolari,
in un ambiente spesso ostile, esposti, come sono, a tutte le intemperie. Ricordiamo,
ad esempio, gli uragani e i tifoni che hanno devastato di recente i Caraibi, il Golfo
del Messico e il sud-est asiatico. Questa Giornata è, dunque, l’occasione di pregare
per tutta la gente del mare e riconoscerne il contributo e i sacrifici a favore del
benessere di tutti. D. – Mons. Marchetto, quali sono dunque
le implicazioni di questa Giornata per il Pontificio Consiglio della pastorale per
i migranti e gli itineranti? R. - Il 2008 è stato contrassegnato
da numerose catastrofi marittime: naufragi, come nelle Filippine, incidenti e collisioni
in mare. Nel Mediterraneo sono scomparse intere imbarcazioni, causando la morte di
numerosi rifugiati e immigrati, che tentavano di raggiungere l’Unione Europea. Nell’Oceano
Indiano, la pirateria al largo delle coste somale è in piena espansione e minaccia
una delle principali vie marittime in cui transitano ogni anno più o meno 30 mila
imbarcazioni. Questi sono, purtroppo, dati di fatto che riguardano il nostro Pontificio
Consiglio, che ha appunto la cura pastorale di questo settore. E’ oggi accertato,
comunque, che molte di queste catastrofi sono causate dall’“errore umano”. Per questo
gli sforzi dell’OMI, diretti a trovare delle soluzioni, non possono limitarsi a decisioni
tecniche o materiali, ma, al contrario, devono privilegiare l’“elemento umano”, mettendo
cioè l’uomo stesso al centro di tutte le preoccupazioni. Questi sforzi, però, non
devono restare isolati. Attraverso il suo impegno in oltre 110 porti, anche l’Apostolato
del Mare, specialmente in questo Anno dedicato a San Paolo, grande viaggiatore e apostolo,
vuole sottolineare che non basta avere buone navi a livello tecnico, ma che il loro
elemento – se così possiamo dire – più importante è l’uomo che resta prioritario nella
nostra attenzione.