Gli auguri di Bartolomeo I e Alessio II al Convegno ecumenico di Bose
“Un pieno successo per i lavori del convegno”: questo l’augurio di Bartolomeo I, Patriarca
di Costantinopoli, ai partecipanti all’incontro internazionale di spiritualità ortodossa
“La paternità spirituale”, apertosi ieri presso il monastero di Bose, con il patrocinio
congiunto del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca.
“La storia della Chiesa – ha sottolineato da parte sua Alessio II, Patriarca di Mosca
e di tutte le Russie, nel messaggio inviato e ripreso dall'agenzia Sir - ha visto
periodi di fioritura della direzione spirituale, in cui una pleiade di grandi santi
si sono distinti operando su questo terreno”. Esempi si trovano ricordati in letteratura:
“Per influsso della sua conoscenza con il beato Ambrogio di Optina – ha ricordato
Alessio II - Fedor Dostoevskij creò l’immortale immagine dello starec Zosima nei Fratelli
Karamazov” e “Vladimir Solovev, nella sua ‘Leggenda dell’Anticristo’ incarnò nella
figura dello starec Ioann un vero padre spirituale ortodosso”. Persino “negli anni
del delirio rivoluzionario e delle persecuzioni antireligiose, rifulsero i luminari
dello spirito, che nei pochi monasteri e parrocchie rimaste continuarono a dirigere
il gregge alla salvezza in Cristo”. “Anche oggi – ha concluso il Patriarca di Mosca
- la ricca esperienza di direzione spirituale dell’ortodossia può senz’altro aiutare
molti cristiani, i quali sono esposti a tante tentazioni e dubbi, a ritrovare un saldo
orientamento nel proprio cammino spirituale”. Il convegno è iniziato nel ricordo del
metropolita di Silyvria, Emilianos Timiadis, recentemente scomparso, “un autentico
padre per i nostri tempi – in cui spesso vengono obliate le radici della fede - e
un grande promotore dell’ideale dell’unità dei cristiani” ha ricordato il vescovo
Athenagoras di Sinope (Bruxelles). Oggi l’intervento dell’igumena (superiora) Gavriila
Gluchova di Grodno, a proposito della maternità spirituale nel monachesimo russo contemporaneo.
“Per 70 anni – ha ricordato Gluchova – con quasi tutte le chiese chiuse e il clero
oggetto di repressione, ad esercitare la cura e il sostegno spirituale dei credenti
furono chiamati uomini di ordinazione monastica e semplici laici”. Tra essi “non poche
furono anziane donne, spesso provenienti da famiglie contadine”, le quali “hanno conservato
per noi la santa Chiesa ortodossa russa”. In quei tempi esse “vivevano fuori dal sistema
dei rapporti sociali, nel migliore dei casi ignorate dall’autorità statale, sostenute
solo dai credenti”. Se alcune, ha spiegato Gluchova, “erano note per la santità di
vita e la capacità di guarire le malattie e gli affanni di chi chiedeva il loro aiuto
- la beata Paraskeva di Divedevo, la beata Matrona di Mosca - di tante non si conoscono
i nomi ma, grazie alla loro opera, la fede è stata conservata”. (S.C.)